26 apr 2012

Fail Monty

Situazione critica (Blog) di Petro



"Il rigore porterà lavoro e crescita", ha detto oggi Mario9000. Un'altra frase che dà ragione a chi sostiene che il nostro potrebbe essere entrato definitivamente in modalità "giro giro tondo", insomma essere impazzito. Perché il rigore, inteso evidentemente come aumento spropositato della tassazione sulla produzione e i consumatori, e la conseguente recessione, per non parlare della depressione instillata nella popolazione - si direbbe apposta - con questo continuo parlare di sacrifici, pianti in diretta, proclami di ineluttabilità delle decisioni ed incertezza generalizzata per il futuro,  escludono qualunque possibilità di crescita positiva.


La ricetta neoliberista finora applicata dal governo Monti e dai suoi tecnici, facenti parte di un'elite oligarchica ed aristocratica di ritorno, tesa solo alla protezione del proprio particulare e quindi totalmente inetta se portata a confrontarsi con l'interesse generale, può raggiungere solo  lo scopo di condurre il paese al default; dopo il quale, si potrà parlare di crescita e ripresa solo applicando una politica economica che sia obbligatoriamente l'opposto di quella neoliberista, quindi in contrasto con i principi che sembrano difendere Mario Monti, il presidente minuscolo napolitano e tutto l'arco (in)costituzionale della politica italiana. 

Quando in molti siamo caduti vittime della Sindrome del Salvatore, Monti veniva paragonato ad un chirurgo che non deve essere pietoso ma amputare senza pietà la gamba malata così il corpo guarirà.
In questi pochi mesi ci siamo ormai resi conto che la situazione dell'Italia è paragonabile a quella di un malato di cancro già in cachessia preagonica, quello stato patologico irreversibile dove, uno dopo l'altro, gli organi attaccati dalla malattia  collassano e rinunciano a svolgere la loro funzione e alla fine l'intero organismo muore. Failure, dicono gli inglesi. Fallimento. Ogni settore del nostro sistema produttivo sembra metastatizzato. Altro che gamba in cancrena.

Ora però, e la cosa pare francamente incomprensibile, Mario Monti è il medico che gira per il reparto dei terminali dicendo a tutti che il cancro è curabile e che basterà lasciarli senza cibo e deprimerli un po' con qualche programma televisivo lacrimogeno, per guarirli. A qualcuno dice perfino che è già guarito e che sta benissimo e che il suo malessere è solo un'illusione. O è pazzo o sta prendendoci in giro o è un maledetto sadico, direte.
A questo atteggiamento folle e contraddittorio, come se non bastasse, si aggiungono le sconcertanti millanterie e le colossali bugie che Monti sta  raccontando in sede nazionale ed internazionale sugli effetti dei suoi provvedimenti. Effetti in pratica assolutamente recessivi e contrari, lo ribadisco, a qualsiasi prospettiva di crescita. Quella crescita che sembravano volere tanto i mercati.

Il comportamento inadeguato e deludente dell'ossimoro del  consiglio che straparla e crede di avere la bacchetta magica per risolvere la crisi e  sembra prigioniero di un delirio di onnipotenza, e  i giudizi sempre meno positivi su di lui ed il suo governo, rappresentati in modo spietato in quell'indicatore dell'attività fisiologica del mercato che è l'andamento di Borsa e nei grafici dello spread che ha ricominciato inesorabilmente a salire, significano per molti che il mercato e la finanza non credono alla nostra possibilità di uscita dalla crisi e che quindi Monti ha fallito.
Quel che è peggio è che la sensazione ormai diffusa è che Monti sia stato scaricato dai suoi protettori, dai committenti, da coloro che lo hanno imposto come deus ex machina. Lo stanno scaricando perché si è rivelato un incapace, perché si è lasciato prendere la mano dal compito e sta sbroccando, quindi non è più affidabile, oppure il prof. Mario Monti ha già compiuto la missione e non ce ne siamo accorti e si sta facendo solo un po' di teatro di contorno?

Sergio Di Cori Modigliani ha riassunto in questo modo la cronistoria degli ultimi mesi:
"L’8 gennaio del 2012, Mario Monti va a Londra. Le cose vanno male, molto male in quel momento. Da fonte certa sappiamo che si incontra con il governatore della Banca d’Inghilterra, con il responsabile di Goldman Sachs in Europa, e con alcuni maestri venerabili di logge massoniche inglesi con i quali strappa un accordo: garantisce la svendita di gioielli nazionali attraverso abili dismissioni, l’incorporazione e l’ingresso attraverso la ricapitalizzazione di banche italiane dentro fondi a rischio sotto l’ombrello di Black Hawk investment garantito dalla Royal Bank of Scotland e da Goldman Sachs che ne è il custode. In cambio, ottiene la promessa che la finanza inglese abbatterà lo spread tra i bpt italiani e quelli tedeschi portandolo da 420 a 195 e provvederà affinchè il pacchetto di controllo di Unicredit finisca nelle mani degli arabi che investono a Londra e BancaIntesa finisca nelle mani di un colosso finanziario anglo-tedesco.  Come garanzia mette a disposizione diverse tonnellate d’oro della riserva strategica nazionale. Torna a casa tutto contento e presenta dei conti stabiliti su quelle decisioni. Previsione di Monti: al 30 marzo 2012 lo spread sarà intorno a 220, Unicredit in borsa varrà all’incirca 5,5 euro e BancaIntesa intorno ai 2 euro. Le banche italiane riceveranno soldi dalla Bce che investiranno una parte in bpt nazionali e l’altra nei fondi derivati suggeriti dagli inglesi. Dopo una ventina di giorni va in Usa dove vede gli omologhi americani. Si presenta come l’ago della bilancia europea e garantisce agli americani che fungerà da ammortizzatore in funzione anti-Merkel smontando l’asse tedesco anti-Obama. Torna a casa tutto contento, con la truppa mediatica asservita che esalta il grande condottiero.
Passano quarantadue giorni. Lì avviene qualcosa che io ignoro. [...]
Mario Monti litiga con tutti. Ma non si sa perché.
Gli inglesi sono imbufaliti. Gli americani lo detestano. E da dieci giorni è entrato in rotta di collisione anche con la Francia e con il Fondo Monetario Internazionale.
L’Italia è di nuovo drammaticamente isolata. Invece che finire a 200, lo spread sale a 400.
Unicredit, invece di volare con il vento di poppa crolla ai minimi storici, idem BancaIntesa.
Tutti i dati macro-economici presentati come previsione a tre mesi dal governo in data 15 giugno 2012 si rivelano sbagliati clamorosamente.
Corrado Passera inizia a fare dichiarazioni opposte e contraddittorie a quelle di Monti.
Mario Monti corre in Cina a metterci una pezza e lì si inventa l’applauso di Obama rischiando un grave incidente diplomatico. Da quel momento in poi tutti gli indici economici italiani virano in assoluto negativo e cambia di 180 gradi la comunicazione ufficiale da parte della BCE, del Fondo Monetario Internazionale, del Wall Street Journal, del Financial Times, di Asia Times, rispetto al nostro paese. Come mai? Che cosa è successo? (fonte)
La faccenda dell'oro sarebbe clamorosa, se confermata, ma forse intaccare le riserve auree non è così fattibile, per fortuna. 

Secondo me la missione di Mario Monti, al di là di cosa possa essersi rotto tra lui ed i suoi interlocutori stranieri, era soprattutto quella di ottenere dai partiti - questi avventizi che occupano abusivamente da anni il concetto di Politica come governo della nazione -  il pareggio di bilancio in Costituzione, ossia di aprire la strada alla privatizzazione selvaggia e favorire lo smantellamento dello Stato Sociale. Per conto della Finanza e delle Multinazionali psicopatiche, naturalmente, che hanno messo gli occhi sulle ultime cose di valore che possediamo. Per magari acquisirle a prezzo di saldo e farle fallire per eliminare concorrenti.
Mario Monti l'ha ottenuto, il pareggio di bilancio in costituzione, nel silenzio assoluto, il 18 aprile scorso (uniche astenute Lega ed IDV), con la complicità di B. che ha tenuto a cuccia i suoi pierfidi mediatici; con la complicità del PD, il soccorso rosso benemerito della reazione più retriva e con quella della Casta della politica dei nominati, troppo intenta a contare gli schei e a fare vacanze in barca, ottusa dalla coca, dagli appartamenti, dai gioielli e dalle puttane per pensare al bene della nazione. La classe politica più corrotta e bulimica di ricchezze e meno competente di tutta la nostra storia. Con personaggi simili a quelli che nell'Argentina menemiana si chiamavano "alzamanos", quelli che alzavano la mano in Parlamento e basta.

Ora però pare che il testo dell'articolo 81 riformato sia stato scritto in modo da essere ampiamente interpretabile. All'italiana, insomma. Secondo questo articolo dell'Espresso, fermo restando i pericoli ai quali andrebbe incontro il nostro welfare e il ruolo stesso di controllore del mercato che ha attualmente lo Stato, a causa del divieto di mettere in pratica politiche keynesiane di sviluppo, l'odiato provvedimento potrebbe permettere ancora conti truccati e giochetti vari, inefficaci per le politiche di rigore di Angela Merkel. Insomma potrebbe essere non abbastanza truce ai nostri danni, secondo i committenti.
E' questo il motivo per il quale stanno scaricando Monti? Perché non è riuscito a tenere a bada i cani della politica? Perché ha pensato a pavoneggiarsi nei salotti buoni mentre i soliti marpioni sistemavano le cose a modo loro perché nulla cambiasse a loro svantaggio? Perché il contabile ha fatto i conti senza gli osti della politica?

In ogni caso ora forse Monti non serve più. Che la sua missione sia compiuta, lo dimostrerebbero altri indizi. 
Da qualche giorno, a fare da contrappeso allo sputtanamento sistematico della corruzione di alcuni partiti, è ricominciato il fitto lancio di fumogeni mediatici (a cura della sinistra di Vichy) dello stucchevole caso Ruby, oppure dei soldi dati alla mafia negli anni 70 da B. perché vittima di minaccia di sequestro. Tutte notizie che dicono una cosa per nasconderne altre dieci e molto più importanti e gravi. Tutte cose che dovrebbero far male a B. ma in fondo non gliene fanno nemmeno tanto. Ormai il gioco, cari signori, è scoperto.
Nascondere, per esempio, che se l'imputato paga milioni ad una  minorenne che dice di non avere fatto sesso con lui, può solo voler dire che l'imputato l'ha ammirata farlo con altri, magari altre ragazzine minorenni. Si chiama pornografia infantile ed è un reato peggiore della prostituzione minorile. Ma a noi fanno credere che si possano dare 47.000 euro al mese ad una squinzia che fa il mestiere solo per la sua bella faccia e che sia una cosa normale assumere un boss mafioso come guardia del corpo. Come fare le vacanze in barca. 

Insomma si sta preparando il ritorno in pompa magna dei politici di prima, i nefasti A.B.C. e AB normal vari, perché chi aveva solo bisogno del cambio della costituzione per invadere le ultime roccaforti di welfare rimaste ed argentinizzarci, ora non è più interessato a chi governerà l'Italia. Potrebbe perfino ritornare B.,  o risorgere Mussolini dalla tomba, non gliene frega niente. Il mercato non vuole la crescita ma solo il caos.
Il caos tra politica ed antipolitica, ad esempio. Il Grillo espiatorio, il riciclaggio di partiti sporchi, il cambio di nome, come se bastasse quello per rifarsi una verginità ormai perduta. Il caos.
E' la shock economy, è merda pesante, non un té per signore. Se avessero avuto veramente bisogno di un paese in crescita ed in salute non avrebbero messo un Dottor Morte in sala rianimazione e ci avrebbero liberato prima di B.
Il puttaniere non era in grado di scardinare la Costituzione. Troppo invischiato nei suoi casini. Ci voleva uno che compisse il miracolo, uno con la faccia da prestidigitatore dell'Ottocento e l'emotività di un robot del futuro. Mario9000 ha premuto il pulsante dell'autodistruzione, forse non beccherà la gratifica promessa perché s'è allargato troppo e noi rimarremo qui, ad attendere che finisca l'ultima goccia di ossigeno.

Fonte:L'orizzonte degli eventi

8 mar 2011

Le ragioni delle sommosse In Nord Africa

DI ALBERTO B. MARIANTONI

Ho molto esitato, negli ultimi giorni, ad ipotizzare uno scenario di tipo complottista. Ma – dopo l’eliminazione ad hoc dei “fusibili” Ben Ali (in Tunisia) e Mubaraq, in Egitto (due stretti ed affiatati partner dell’ultimo Gheddafi… diventato ormai sinceramente filo-occidentale) e la distribuzione a iosa (chissà da chi?), ai rivoltosi libici, delle complicate e difficilmente realizzabili (in casa o con artigianali mezzi di fortuna…) bandiere monarchiche, nuove di zecca – incomincio seriamente a sospettare che – da parte degli Stati Uniti (e di qualche loro immancabile ed indefettibile alleato, come la Gran Bretagna e, forse, anche della Francia) – ci sia la precisa e viziosa volontà di destabilizzare l’insieme degli Stati del bacino mediterraneo, per tre motivi principali:

1. potere continuare a dominare i Paesi arabi – fino ad ora da loro direttamente o indirettamente controllati attraverso dei costosi, instabili ed impresentabili tiranni pupazzi/maggiordomi – con altre più accettabili, più docili, meno esose e/o più manipolabili figure politiche e forme di Stato o di Governo, a loro più stabilmente e saldamente infeudate;
2. provocare degli immensi ed irrisolvibili problemi all’Italia e ad alcuni Paesi dell’Unione europea (ad esempio: la futura difficoltà, per noi Italiani, a poterci direttamente ed autonomamente approvvigionare in energia, presso i nostri abituali fornitori senza passare da Washington, e l’inevitabile moltiplicazione esponenziale dell’emigrazione di massa, dal Maghreb e dall’Egitto, in direzione delle sponde Nord del Mediterraneo), per impedire, da un lato, che il Governo di Roma possa continuare a diffondere il “cattivo esempio” della sua indipendenza energetica ad altri Paesi dell’Unione; dall’altro, per poter scongiurare che l’Europa-Nazione possa davvero vedere la luce e, in un prossimo futuro, diventare un’importante potenza politica, economica, culturale e militare, concorrente degli USA;
3. continuare a poter giustificare la presenza militare e logistica delle centinaia di basi USA e NATO in Europa e nel Mediterraneo, sia per seguitare a coltivare l’idea – tra le pavide, svigorite e prostrate popolazioni del nostro Continente – che il gigante Europa, per fronteggiare il “nemico” arabo-musulmano, abbia assolutamente bisogno di farsi proteggere dal nano statunitense; sia per raccogliere e concentrare l’attenzione dei più fedeli Stati vassalli Europei, sul solo ed esclusivo “pericolo” Iran; sia per permettere ad Israele di potere tranquillamente proseguire indisturbato la sua colonizzazione della Cisgiordania occupata e di continuare a dominare militarmente i diversi Stati arabi della sua regione, senza dovere essere politicamente o moralmente obbligata, nei confronti dell’opinione pubblica mondiale, di accettare la realizzazione di uno Stato palestinese indipendente e sovrano, alle sue frontiere.

Cosa dovrebbe fare l’Italia, nell’immediato, per tentare di non farsi passivamente “affondare” dall’attuale strategia statunitense ed, eventualmente, cercare di dare “scacco matto” a quei piani destabilizzatori?

Se l’Italia fosse governata da Uomini politici degni di questo nome, il problema non si porrebbe affatto.

Il nostro Paese, ad esempio, dovrebbe, per cercare di tutelarsi pregiudiziamente, decretare la sua auto-sospensione (anche se momentanea) dall’Unione Europa e dall’ONU; stringere un patto politico, economico e militare con la Russia; rompere le relazioni diplomatiche con Washington e dare l’immediato ed irrevocabile benservito (48 ore di tempo, per fare i “bagagli” e sloggiare!) alle sue più di 100 basi ed installazioni logistiche e militari che sono acquartierate nel nostro Paese, da ben 66 anni; proporre un partenariato politico, economico e militare ai diversi Stati dell’area mediterranea, Paesi arabi limitrofi compresi. Ed, in fine, incitare caldamente l’insieme delle popolazioni rivierasche del comune Mare Mediterraneo a rifiutare categoricamente la presenza, l’ancoraggio ed il libero scorrazzamento delle flotte militari degli Stati che non sono geograficamente confinanti con questo bacino marittimo.

L’Italia, purtroppo, però, come sappiamo, dalla fine della Seconda guerra mondiale, è “governata”, per conto terzi, da una serie di castrate ed inibite combriccole di eunuchi in livrea e guanti gialli che – all’interno della maggioranza, come tra i ranghi dell’opposizione – preferiscono esclusivamente continuare ad annoverarsi tra i membri del tradizionale “partito amerikano” (bipartisan) e – nonostante le già citate evidenze – a prostrarsi remissivamente ai piedi dei loro stomachevoli Padroni statunitensi, per meglio cercare di accattivarsi la loro simpatia o cordialità, e ricevere, più docilmente e servilmente possibile, le loro rituali “pacchette” sulle spalle, in pagamento (e mancia…) della loro sempre solerte e diligente esecuzione (a comando, s’intende!), dei loro più insopportabili, obbrobriosi ed imperativi/coercitivi diktat.

Pertanto, salvo improvvisi o inopinati “miracoli” o “prodigi” – e pur sperando sinceramente di starmi sicuramente a sbagliare… – inutile attendere tempi migliori, per l’Italia, nei prossimi mesi ed anni. E questo, qualunque sia o possa essere l’esito delle attuali “rivolte” arabe o dei prossimi sconvolgimenti e putiferi che continueranno senz’altro ad interessare e travagliare i diversi Paesi delle sponde opposte dell’area mediterranea.

17 set 2010

La Leggenda di Osso Mastrosso e Carcagnosso



OSSO, MASTROSSO E CARCAGNOSSO: STORIA o LEGGENDA?

Nei pressi della moschea di Al-Aqsa nasce la milizia dei poveri cavalieri di Cristo e del tempio di Salomone, meglio conosciuti come Ordine dei Templari. Primo Gran Maestro è Ugo De Payns, cugino e vassallo del conte di Champagne, comandante in seconda il cavaliere fiammingo Goffredo di Saint Omer. Sono in tutto nove, la funzione principale del sodalizio è la protezione dei pellegrini sulle strade che conducono in Terra Santa. Fanno voto di povertà, castità ed obbedienza. Partecipano ai combattimenti per difendere gli Stati latini di Edessa, Antiochia, Tripoli ed il Regno di Gerusalemme. Qualche anno dopo Bernardo, abate di Clairvaux redige la regola di questo nuovo ordine (Liber de Laude Nove Militiate) il futuro San Bernardo diviene il patrono e il protettore dei cavalieri templari. La Chiesa li riconosce come ordine religioso, viene conferito loro uno status internazionale come ordine sovrano, classificati come monaci guerrieri col diritto di indossare il bianco mantello della purezza. Nel 1139 Papa Innocenzo II con la Bolla “Omne datum optimum” li esentò da ogni obbligo verso qualsiasi autorità eccetto la sua. Da quel momento l’ordine si trova ad avere insediamenti in tutto il mondo conosciuto. Non sempre si trattava di fortezze spesso le “domus templari” si trovavano in insediamenti di tipo feudale, Il Commendatario dei templari riscuoteva canoni, pedaggi ed imposte, parte di quanto incamerato veniva inviato in Terra Santa. Per l’abilità dimostrata nell’amministrare il denaro e per i consistenti trasferimenti di fondi tra Oriente ed Occidente erano considerati anche dei grandi banchieri. Federico II (1194-1250) “Stupor Mundi”, dotato tra le altre cose di grande intuito rispetto alle vocazioni degli uomini, statalizzò le case templari presenti nel suo regno. Fu scomunicato da Papa Gregorio IX. Nel 1312 Filippo il Bello, Re di Francia esercitò pressione su un “cagionevole” Papa Clemente V, sollecitandolo a promulgare le Bolla “Vox in Excelsio” con la quale veniva soppresso l’ordine. Giacomo de Molay, ultimo gran maestro dell’ordine di Cavalieri del Tempio, custode del tesoro dei Re di Francia, fu bruciato sul rogo a Parigi la sera del 18 marzo 1314. I cavalieri superstiti si dispersero ai quattro angoli del mondo. Tre di loro Osso, Mastrosso e Carcagnosso, depositari dei bianchi mantelli della purezza e della summa delle conoscenze dell’ordine, iniziarono un lungo viaggio. I discendenti della Regina di Saba donarono loro il capo di un filo magico, filo che stretto tra le mani permetteva di mettersi in contatto con amori e passioni di uomini, donne, genti e popoli vissuti sulla terra fin dalle origini. Filo invisibile agli occhi degli inconsapevoli con il quale erano state tessute cinque vesti bellissime. Pare che Dante ne indossasse una durante il suo lungo viaggio. Osso, Mastrosso e Carcagnosso bordeggiarono con una nave a tre alberi e cinque vele tutto il pianeta, in anticipo sui tempi misero in guardia gli indiani dell’America del Nord e Aztechi e Incas in quella del Sud, così come quelli dell’Africa, dell’India, dell’Australia e della Nuova Zelanda. La loro fama arrivò in Tibet, a Samarcanda e ai commercianti della Lega Anseatica. Arrivarono infine, fuggendo dai ferri spagnoli all’isola di Favignana, li si divisero. Osso,votandosi a San Giorgio rimase in Sicilia dove fondo la mafia, Mastrosso devoto alla madonna girovagò per tutta la Penisola ma si stabilì a Napoli dove organizza la Camorra, Carcagnosso devoto a San Michele arcangelo punta sulla Calabria. dove da vita all'ndrangheta. Delle regole del codice d’onore, motore del loro muoversi, se ne fecero carico ora l’uno ora l’altro, adattando, modificando e deviandone lo spirito iniziale. Dei mantelli, del filo e delle vesti magiche si persero le tracce, dispersi nel tempo in innumerevoli fili e frammenti.

21 gen 2010

Il ritorno del principe

IL RITORNO DEL PRINCIPE e la criminalità dei potenti in Italia :

Perchè in Italia la corruzione e la mafia sembrano votate all'eternità?
Forse perchè sono espressioni di un modo antico di esercitare il potere di una parte della classe dirigente e,dunque,non sono governabili con politiche criminali tradizionali.

Ciò appare intuibile per la corruzione, ma per quanto riguarda la mafia?Quale ruolo rivestono personaggi come Provenzano che da anni occupano la scena ?
Personaggi come Provenzano,Riina e altri capi sono il sottoprodotto e la replica popolare di questo modo di esercitare il potere. Durano nel tempo non per forza propria, ma perchè sono le leve necessarie del gioco grande del potere, quando esauriscono la loro funzione vengono abbondonati al loro destino. Anche dopo continuano tuttavia a svolgere un ruolo essenziale: fungere da parafulmine su cui scaricare tutta la responsabilità del male e da paravento della criminilità del potere. Avete presente la corrida? il torero agita la muleta rossa dinanzi al toro offrendogli un diversivo su cui puntare e concentrare tutta la sua forza. Il toro sebbene più forte del suo avversario alla fine soccombe perchè si stanca inutilmente contro un drappo di stoffa rosso, senza mai comprendere che il vero nemico è la mano che agita il drappo sotto quale si nasconde la spada che lo trafigge. La forza invincibile dello stato da più di un secolo continua a sfiancarsi come il toro contro i Provenzano di oggi e di ieri soccombendo sempre sotto la spada di un sistema di potere che prima usa i vari boss per i propri fini, coprendone per anni la latitanza, e poi,quando se ne disfa,continua a utilizzarli offrendo la loro immagine mediatica in pasto a un'opinione pubblica che, come il toro,scambia la muleta per il torero.

Quindi vediamo solo quello che vogliamo vedere?
Vediamo solo ciò che gli occhi della nostra mente ci consentono di vedere; dopo la lezione di Freud possiamo aggiungere che vediamo solo quello che gli ochhi del nostro cuore ci consentono di vedere infatti ci sono cose che la nostra intelligenza ci consentirebbe di vedere, ma che il nostro cuore, cioè la parte più profonda di noi, non vuole vedere perché non ne ha la forza.

Un vedere limitato non comporta automaticamente una forma di cecità?
Esattamente.Infatti tutti noi siamo ciechi dinanzi a uno dei fenomeni più importanti delle nostre vite: il reale funzionamento della macchina del potere. Si tratta di una cecità indotta dallo stesso potere al fine di perpetuarsi.
Il cardinale Mazzarino, gesuita e consigliere del re di Francia Luigi XIV,era solito ripetere: <<>>.

Cecità dei sudditi e iperveggenza di chi sta in alto?
In sostanza si. Una dele più esplicite teorizzazioni di tale necessità del potere si trova nelle riflessioni sulla sovranità del conte De Maistre. aristocratico del 1800, scriveva:
"se la folla governata può credersi uguale al piccolo numero che governo, non c'è più governo. Il potere deve essere fuori dalla portata di comprensione della folla dei governati. L'autorità deve essere sempre tenuta al di sopra del giudizio critico mediante gli strumenti psicologici della religione,del patriottismo,della tradizione e del pregiudizio. Non bisogna coltivare la ragione del popolo,ma i suoi sentimenti: occorre dirigerlo e formare il suo cuore non la sua ragione. Esso deve essere tenuto nel suo stato naturale di debolezza."

Ma parliamo di uomini vissuti secoli fa.
E' vero. Ma questa regola del potere è eterna e si perpetua sino ai giorni nostri adattandosi camaleonticamente alle evoluzioni storiche. Certo i dogmi di oggi sono molto più sofisticati di quelli dell'epoca,ma continuano ad assolvere alla medesima funzione.
Il filosofo francese Althusser parlava di Ais, apparati ideologici di stato,affermando che la responsabilità primaria di queste gabbie invisibili che conducono alla cecità dei sudditi, era da addebitare ai agli intellettuali.
Il lavoro di costruzione di imposture culturali funzionali a potere è da sempre affidato agli intellettuali. La parola impostura deriva dal verbo imponere che significa far portare un peso.Nel linguaggio ecclesiastico utilizzato da Mazzarino veniva usato nel senso di far portare il peso di una credenza mediante l'inganno.
La storia del potere,comprese le sue declinazioni criminali come la mafia e lo stragismo potrebbe riscriversi come una traversata nei luoghi dell'impostura, quelli in cui vengono costruite e perpetuate le false credenze che servono al potere per conservarsi.
E' una storia totale, in cui si intersecano tutti i diversi piani della nostra vita, quelli dell'organizzazione dello stato della religione e dei rapporti economici; e non è una storia altra che riguarda altri,è una storia nostra che riguarda ora e qui da vicino le nostre vite, perché come si diceva nel 68' - se tu non ti occupi del potere,il potere e le sue imposture si occupano comunque di te. Lo fanno sin da quando emetti il primo vagito e succhi il primo latte; con il latte succhi anche visioni del mondo,sistemi di credenze frutti di matrici di pensiero che nel corso del tempo si sono trasmesse di generazione in generazione arrivando fino ai tuoi genitori,spesso vittime inconsapevoli del sistema d credenze sociali.

Se l'umanita è resa cieca dal potere qual è la via di scampo?
Qualsiasi itinerario di liberazione passa attreverso lo smascheramento delle imposture. Le imposture culturali determinano la cecità culturale degli uomini senza potere sui fatti del potere.Costituiscono invisibili gabbie mentali che impediscono la visione del reale. Non è forse vero che per milleni in Occidente è stato fatto credere a milioni di persone che il potere di imperatori e re derivava da un'investitura divina? Non è forse vero che la teoria del potere discendente da Dio era stata costituita dallo stesso potere per leggittimare il proprio fondamento? Le moderne teocrazie orientali tanto criticate da noi occidentali, in fondo non continuano a creare un dogma del potere al quale noi abbiamo fermamente creduto fino all'altroieri? La teoria moderna sul fondamento del potere "la teoria ascendete" secondo la quale il potere risiede nel popolo che lo delega ai suoi rappresentanti, è molto più sofisticata,ma come quelle che l'hanno preceduta è infarcita di imposture. I dittatori del 900' a destra e sinistra assumevano di essere investiti dal nuovo dio laico: il popolo,la nazione o la classe operaia. Continua...

18 dic 2009

Forze armate e privatizzate

Da L'Espresso.

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/forze-armate-e-privatizzate/2117172

di Gianluca Di Feo

Tutta la gestione della Difesa passa in mano a una società per azioni. Che spenderà oltre 3 miliardi l'anno agli ordini di La Russa. Così un ministero smette di essere pubblico

Le forze armate italiane smettono di essere gestite dallo Stato e diventano una società per azioni. Uno scherzo? Un golpe? No: è una legge, che diventerà esecutiva nel giro di poche settimane. La rivoluzione è nascosta tra i cavilli della Finanziaria, che marcia veloce a colpi di fiducia soffocando qualunque dibattito parlamentare. Così, in un assordante silenzio, tutte le spese della Difesa diventeranno un affare privato, nelle mani di un consiglio d'amministrazione e di dirigenti scelti soltanto dal ministro in carica, senza controllo del Parlamento, senza trasparenza. La privatizzazione di un intero ministero passa inosservata mentre introduce un principio senza precedenti. Che pochi parlamentari dell'opposizione leggono chiaramente come la prova generale di un disegno molto più ampio: lo smantellamento dello Stato. "Ora si comincia dalla Difesa, poi si potranno applicare le stesse regole alla Sanità, all'Istruzione, alla Giustizia: non saranno più amministrazione pubblica, ma società d'affari", chiosa il senatore pd Gianpiero Scanu.
Stiamo parlando di Difesa Servizi Spa, una creatura fortissimamente voluta da Ignazio La Russa e dal sottosegretario Guido Crosetto: una società per azioni, con le quote interamente in mano al ministero e otto consiglieri d'amministrazione scelti dal ministro, che avrà anche l'ultima parola sulla nomina dei dirigenti. Questa holding potrà spendere ogni anno tra i 3 e i 5 miliardi di euro senza rispondere al Parlamento o ad organismi neutrali. In più si metterà nel portafogli un patrimonio di immobili 'da valorizzare' pari a 4 miliardi. Sono cifre imponenti, un fatturato da multinazionale che passa di colpo dalle regole della pubblica amministrazione a quelle del mondo privato. Ma questa Spa avrà altre prerogative abbastanza singolari. Ed elettrizzanti. Potrà costruire centrali energetiche d'ogni tipo sfuggendo alle autorizzazioni degli enti locali: dal nucleare ai termovalorizzatori, nelle basi e nelle caserme privatizzate sarà possibile piazzare di tutto. Bruciare spazzatura o installare reattori atomici? Signorsì! Segreto militare e interesse economico si sposeranno, cancellando ogni parere delle comunità e ogni ruolo degli enti locali. Comuni, province e regioni resteranno fuori dai reticolati con la scritta 'zona militare', utilizzati in futuro per difendere ricchi business. Infine, la Spa si occuperà di 'sponsorizzazioni'. Altro termine vago. Si useranno caccia, incrociatori e carri armati per fare pubblicità? Qualunque ditta è pronta a investire per comparire sulle ali delle Frecce Tricolori, che finora hanno solo propagandato l'immagine della Nazione. Ma ci saranno consigli per gli acquisti sulle fiancate della nuova portaerei Cavour o sugli stendardi dei reparti che sfilano il 2 giugno in diretta tv?
Lo scippo. Quali saranno i reali poteri della Spa non è chiaro: le regole verranno stabilite da un decreto di La Russa. Perché dopo oltre un anno di dibattiti, il parto è avvenuto con un raid notturno che ha inserito cinque articoletti nella Finanziaria. "In diciotto mesi la maggioranza non ha mai voluto confrontarsi. Noi abbiamo tentato il dialogo fino all'ultimo, loro hanno fatto un blitz per imporre la riforma", spiega Rosa Villecco Calipari, capogruppo Pd in commissione Difesa: "I tagli alla Difesa sono un dato oggettivo, dovevano essere la premessa per cercare punti di convergenza. La tutela dello Stato non può avere differenze politiche, invece la destra ha tenuto una posizione di scontro fino a questo scippo inserito nella Finanziaria".
Non si capisce nemmeno quanti soldi verranno manovrati dalla holding. Difesa Servizi gestirà tutte le forniture tranne gli armamenti, che rimarranno nelle competenze degli Stati maggiori. Ma cosa si intende per armamenti? Di sicuro cannoni, missili, caccia e incrociatori. E gli elicotteri? E i camion? E i radar e i sistemi elettronici? Quest'ultima voce ormai rappresenta la fetta più consistente dei bilanci, perché anche il singolo paracadutista si porta addosso una serie di congegni costosissimi. La definizione di questo confine permetterà anche di capire se questa privatizzazione può configurare un futuro ancora più inquietante: una sorta di duopolio bellico. Finmeccanica, holding a controllo statale che ingaggia legioni di ex generali, oggi vende circa il 60 per cento dei sistemi delle forze armate. E a comprarli sarà un'altra spa: due entità alimentate con soldi pubblici che fanno affari privati. Con burattinai politici che ne scelgono gli amministratori. All'orizzonte sembra incarnarsi un mostro a due teste che resuscita gli slogan degli anni Settanta. Ricordate? 'L'imperialismo del complesso industriale-militare'. Un fantasma che improvvisamente si materializza nell'opera del governo Berlusconi.
Gli immobili. Questa Finanziaria in realtà realizza un altro dei sogni rivoluzionari: l'assalto alle caserme. È una corsa agli immobili della Difesa per fare cassa, sotto la protezione di una cortina fumogena. La vera battaglia è quella per espugnare un patrimonio sterminato: edifici che valgono oro nel centro di Roma, Milano, Bologna, Firenze, Torino, Venezia. Un'altra catena di fortezze, poligoni, torri e isole in località di grande fascino che va dalle Alpi alla Sicilia. Da dieci anni si cerca di trovare acquirenti, con scarsi risultati: dei 345 beni ex militari messi all'asta dal governo Prodi, il Demanio è riuscito a piazzarne solo otto. Adesso, dopo un lungo braccio di ferro tra La Russa e Tremonti, si sta per scatenare l'attacco finale. Con una sola certezza: i militari verranno sconfitti, mentre sono molti a pensare che a vincere sarà solo la speculazione. All'inizio Difesa Servizi doveva occuparsi anche della vendita degli edifici: la nascente spa a giugno si è presentata alla Borsa immobiliare di Cannes con tanto di brochure per magnificare il suo catalogo. Qualche perla? L'isola di Palmaria, di fronte a Portovenere, gioiello del Golfo dei Poeti affacciato sulle scogliere delle Cinque Terre. L'arsenale di Venezia, con ampi volumi e architetture suggestive, e un castello circondato dalla Laguna. La roccaforte nell'angolo più bello di Siracusa, pronta a diventare albergo e yacht club. La Macao, un complesso gigantesco con tanto di eliporto nel cuore di Roma, palazzi a Prati e ai piedi dei Parioli. Aree senza prezzo in via Monti incastonate nel centro di Milano. Ma il dicastero di Tremonti ha puntato i piedi: proprietà e vendita restano al Tesoro, che le affiderà a società esterne. Con un doppio benefit, secondo le valutazioni del Pd, per renderle ancora più appetibili. Chi compra, potrà aumentare la cubatura di un terzo. E avrà bisogno solo del permesso del Comune: Provincia e Regione vengono tagliate fuori, aprendo la strada a progetti lampo. Questo banchetto prevede che metà dell'incasso vada allo Stato; ai municipi andrà dal 20 al 30 per cento; il resto ai militari. Difesa Servizi però intanto può 'valorizzare' i beni. Come? Non viene precisato. In attesa della cessione, potrà forse affittarli o darli in concessione come alberghi, uffici o parcheggi.
Intanto però gli appetiti si stanno scatenando. E fette della torta finiscono in pasto alle amministrazioni amiche. Con giochi di finanza creativa. A Gianni Alemanno per Roma Capitale sono state concesse caserme per oltre mezzo miliardo di euro. O meglio, il loro valore cash: il Tesoro anticiperà i quattrini, da recuperare con la vendita degli scrigni di viale Angelico, Castro Pretorio, via Guido Reni e di un paio di fortezze ottocentesche ormai inglobate dalla metropoli. Qualcosa di simile potrebbe essere regalato a Letizia Moratti, per lenire il vuoto nelle casse dell'Expo: un bel pacco dono di camerate e magazzini con vista sul Duomo. "Così le logiche diventano altre: non c'è più tutela del bene pubblico ma l'esternalizzare fondi e beni pubblici attraverso norme privatistiche", dichiara Rosa Calipari Villecco, sottolineando l'assenza di magistrati della Corte dei conti o altre figure di garanzia nella nuova spa. Un anno fa i militari avevano manifestato insofferenza per questa disfatta edizilia. Il capo di Stato maggiore Vincenzo Camporini aveva fatto presente che era stato ceduto un tesoro da un miliardo e mezzo di euro senza "adeguato contraccambio". Oggi, come spiega l'onorevole Calipari, "non si sa nemmeno tra quanti anni le forze armate riceveranno i profitti delle vendite". Eppure i generali tacciono. Una volta ai soldati veniva insegnato 'Credere, obbedire, combattere'; adesso il motto della Difesa privatizzata è 'economicità, efficienza, produttività'. La regola dell'obbedienza è rimasta però salda. E con i tagli al bilancio imposti da Tremonti - in un trennio oltre 2,5 miliardi in meno - anche gli spiccioli della nuova holding diventano vitali per tirare avanti e garantire l'efficienza di missioni ad alto rischio, Afghanistan in testa.
Business con logo. Di sicuro, Difesa Servizi Spa sfrutterà le royalties sui marchi delle forze armate. Un business ghiotto. Il brand di maggiore successo è quello dell'Aeronautica. Felpe, t-shirt, giubbotti e persino caschi con il simbolo delle Frecce Tricolori spopolano con un mercato che non conosce distinzioni d'età e di orientamento politico. Anche l'Esercito si è mosso sulla scia: sono stati aperti persino negozi monomarca, con zaini e tute che sfoggiano i simboli dei corpi d'élite. Finora gli Stati maggiori barattavano l'uso degli stemmi con compensazioni in servizi: restauri di caserme, costruzione di palestre. D'ora in poi, invece, i loghi saranno venduti a vantaggio della Spa. Questo è l'unico punto chiaro della legge, che introduce sanzioni per le mimetiche senza licenza commerciale: anche 5 mila euro di multa. "La questione delle sponsorizzazioni è una foglia di fico per coprire altre vergogne. Tanto più che alla difesa vanno solo briciole", taglia corto il senatore Scanu. E trasformare il prestigio delle bandiere in denaro, però, non richiedeva la privatizzazione. La Marina ha appena pubblicato sui giornali un bando per mettere all'asta lo sfruttamento della sua insegna: si parte da 150 mila euro l'anno. Con molta trasparenza e senza foraggiare il cda scelto dal ministro di turno.

13 ott 2009

Iran, ancora menzogne ancora inganni



DI PAUL CRAIG ROBERTS
Information Clearing House

I ministri del Il G-20 hanno dichiarato che il loro incontro a Pittsburgh è stato un successo, ma come ci informa Rob Kall da OpEdNews.com, il successo principale della riunione è stato quello di rendere Pittsburgh una "città fantasma, svuotata dei suoi soliti lavoratori e dei pedoni, ma stracolma di oltre 12.000 poliziotti della SWAT chiamati all’occorrenza da tutto il territorio degli Stati Uniti.”

Questa è "la libertà e democrazia" all’opera. I leader dei paesi del G-20, che rappresentano l’ 85% del reddito mondiale, non si possono incontrare in una città americana senza la presenza di almeno 12.000 poliziotti attrezzati come i soldati dell'imperatore in Guerre Stellari. E il governo degli Stati Uniti si lamenta dell'Iran.

Le condanne del governo degli Stati Uniti nei confronti dell'Iran hanno raggiunto un nuovo livello di sfacciataggine. Il 25 settembre Obama ha dichiarato: "L'Iran infrange le regole che tutte le nazioni devono seguire." I capi degli stati fantoccio inglese, francese e tedesco hanno aggiunto il loro piccolo contributo, dando al governo dell'Iran tre mesi per rispondere alle esigenze della "comunità internazionale" e di rinunciare al suo diritto in quanto firmatario del Trattato di Non Proliferazione per l'energia nucleare. Nel caso in cui non se conosca il significato, il termine "comunità internazionale" è un sinonimo per definire gli Stati Uniti e Israele e, in Europa, una manciata di paesi ricchi e arroganti che opprimono il resto del mondo.

Chi infrange le regole? L’ Iran o gli Stati Uniti?

L'Iran insiste che il governo degli Stati Uniti rispetti il trattato di non proliferazione che gli USA stessi hanno ideato e che l'Iran ha firmato. Ma il governo degli Stati Uniti, che è attualmente impegnato in tre guerre di aggressione e che ha truppe di occupazione in un certo numero di altri paesi, insiste sul fatto che l'Iran, che non sta invadendo e occupando alcun paese, non può avere la capacità di produrre energia nucleare, perché tale capacità potrebbe in futuro dargli la possibilità di produrre armi nucleari, come Israele, India, e Pakistan - tutti non firmatari del Trattato di Non Proliferazione Nucleare: paesi che, a differenza dell'Iran, non hanno mai accettato le ispezioni dell'AIEA. Infatti, in questo momento il governo israeliano sta urlando e strepitando "anti-semita" a chi propone l'idea che Israele si sottoponga alle ispezioni dell'AIEA, mentre invece l'Iran si è sottoposto a tali ispezioni da anni.

In linea con i suoi obblighi ai sensi del Trattato [di Non Proliferazione, Ndt], il 21 settembre l'Iran ha comunicato all'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica che è in procinto di costruire un altro impianto nucleare. Il primo ministro britannico Gordon Brown ha confuso tale divulgazione dell'Iran con "l’ultimo di una serie di inganni", e ha dichiarato: "Non lasceremo che questa faccenda resti senza conseguenze".

Quale faccenda? Perché Gordon Brown pensa che la divulgazione dell'Iran sia un inganno? Forse lo stupido primo ministro britannico intende che l'Iran dichiara di stare costruendo una centrale nucleare mentre invece non è vero? Ingannando in tal modo il mondo?

Per non essere da meno in idiozia, dalla bocca di Obama è schizzata un’ ambiguità orwelliana: "Il governo iraniano deve ora dimostrare con i fatti le sue intenzioni pacifiche o sarà ritenuto responsabile nei confronti del diritto internazionale".

L’incoerenza è stupefacente. Ecco Obama, con le sue truppe impegnate in diverse guerre in Iraq, Afghanistan e Pakistan, a chiedere che una nazione, la quale non è in guerra con nessuno, dimostri "le sue intenzioni pacifiche”, pena l’essere ritenuta responsabile nei confronti del diritto internazionale.

E' il governo degli Stati Uniti e dei suoi Stati fantoccio della NATO, nonchè ovviamente lo stato militarista di Israele, che devono essere ritenuti responsabili nei confronti del diritto internazionale. Secondo il diritto internazionale gli Stati Uniti, i suoi burattini della NATO e Israele sono governi criminali di guerra. Di ciò non vi è alcun dubbio. Gli Stati Uniti, Israele e gli Stati fantoccio della NATO hanno commesso il reato di aggressione militare esattamente come ha fatto la Germania del Terzo Reich, e hanno massacrato un gran numero di civili.

Seguendo lo stesso copione del Fuhrer, "le grandi repubbliche democratiche" hanno giustificato questi atti illegali con menzogne e inganni.

Rudy Giuliani, l'ex ministro della Giustizia americano che ha incastrato vittime importanti al fine di ottenerne un riconoscimento per la sua carriera politica, ha presieduto una manifestazione contro l'Iran a New York il 25 settembre. Secondo Richard Silverstein di AlterNet, la manifestazione è stata sponsorizzata da un noto gruppo appartenente ad una lobby israeliana e da una organizzazione con collegamenti a una gruppo terrosta iraniano (probabilmente finanziato dal governo degli Stati Uniti), che chiede il rovesciamento violento del governo di Ahmadinejad.

Le pressioni volte a creare l’occasione per atti di guerra contro l'Iran continuerà nonostante le ripetute dichiarazioni da parte dell'AIEA che non vi è alcun segno di un programma nucleare iraniano, e nonostante la riconferma da parte delle agenzie di intelligence degli Stati Uniti che l'Iran ha abbandonato il suo programma di armamento nucleare anni fa.

Nel frattempo, i governi americano e israeliano, che sono così rispettosi del diritto internazionale e attenti nei confronti dei paesi che lo violano, si sono mossi per impedire che la relazione del giudice Richard Goldstone raggiunga il Consiglio di Sicurezza dell'ONU.

Perchè?

La relazione del giudice Goldstone ha dichiarato Israele colpevole di crimini di guerra per la sua scriteriata e massiccia aggressione militare contro i civili e le infrastrutture civili a Gaza.

Il continuo impegno dei due Stati più militaristi e aggressivi al mondo - gli Stati Uniti e Israele - per demonizzare l'Iran, è stato affrontato da Ahmadinejad nel suo discorso all'Assemblea Generale dell'ONU (23 settembre). Ahmadinejad ha parlato senza mezzi termini di attacco alla dignità umana ed ai valori spirituali da parte degli interessi egoistici e materialistici degli Stati Uniti e dei suoi Stati fantoccio. Cercando di ottenere l’egemonia "sotto il manto della libertà", gli Stati Uniti e i suoi burattini utilizzano "i metodi più brutali di intimidazione e di inganno" per nascondere che essi sono "i primi a violare" i principi fondamentali che a parole promuovono e costringono gli altri ad applicare.

Perché, ha chiesto Ahmadinejad all'Assemblea generale dell'ONU, i paesi del mondo restano a guardare mentre Israele massacra ed espropria il popolo palestinese?

Perché, ha chiesto Ahmadinejad, i paesi del mondo restano a guardare mentre gli Stati Uniti, da migliaia di chilometri di distanza, inviano le proprie truppe in Medio Oriente, "diffondendo guerra, spargimento di sangue, aggressione, terrore e intimidazione in tutta la regione", mentre allo stesso tempo condannano i paesi vittima di queste stesse aggressioni? Ahmadinejad ha detto all'Assemblea Generale che la maggior parte dei rappresentanti delle Nazioni Unite dovrebbero già sapere che “l'egoismo e l'avidità insaziabile hanno preso il posto dei concetti umanitari come l'amore, il sacrificio, la dignità e la giustizia. . . . Le bugie hanno preso il posto dell’ onestà; l’ipocrisia ha sostituito l'integrità, e l'egoismo ha preso il posto del sacrificio. L’inganno in politica estera viene chiamato lungimiranza e visione da statista, il saccheggio della ricchezza delle altre nazioni è chiamato impegno per lo sviluppo, l'occupazione militare si dice che sia un dono che promuove la libertà e la democrazia, e le nazioni inermi sono sottoposte a repressione in nome della difesa dei diritti umani”.

Non poteva essere più chiaro. Tuttavia, se il discorso di Ahmadinejad verrà riportato dalla stampa statunitense e dai media tv, alcune delle dichiarazioni saranno prese fuori contesto e usate per infuocare gli animi dei conservatori e dei cristiani sionisti, al fine di compattarli dietro l’attacco militare di Obama / Israele contro l'Iran.

L’America non sarà soddisfatta fino a quando non avrà più guerre di quante non ne riuscirà a combattere sopravvivendo.



Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIOVANNI PICCIRILLO

12 ott 2009

Il falso problema del Lodo Alfano







DI PAOLO FRANCESCHETTI


In questi giorni i giornali sono stati presi dalla polemica sul Lodo Alfano e sullo scudo fiscale.
Voglio spiegare in queste righe perché questi sono falsi problemi, che servono, tanto per cambiare, per sviare la cittadinanza dai veri problemi e prendere in giro tutti, mirando a ben altro.

Lodo alfano. Non c’è dubbio che la legge sia incostituzionale. Ma il vero scopo della legge NON è salvare il premier dai processi, e rendere intoccabili i potenti di turno.

Proviamo a ragionare e a fare queste riflessioni.


Prima domanda. Pensiamo veramente che Berlusconi possa essere o non essere processato solo perché esiste il Lodo Alfano? In altre parole: per processare Berlusconi è necessaria una legge così?
Risposta: No. Questa legge è del tutto inutile. Berlusconi ha subito una marea di processi, alcuni si sono risolti con la prescrizione, altri sono stati insabbiati e mai cominciati… inoltre la maggior parte dei reati commessi da Berlusconi non ha bisogno di una legge ad hoc perché vadano impuniti, perché c’è il nostro assurdo (e incostituzionale) regime della prescrizione che provvederebbe a fare il suo lavoro, facendo finire tutto a tarallucci e vino.
Un’altra caratteristica del nostro assurdo sistema giuridico e politico, poi, è quello di non reagire minimamente a fatti gravissimi; ad esempio nonostante dell’Utri sia stato condannato ad otto anni per associazione mafiosa, fatto eccezionale in Italia, nulla è cambiato nella considerazione che il senatore ha agli occhi degli Italiani, e nel 2008 è stato addirittura rieletto; siede quindi in parlamento e legifera, magari, anche in tema di mafia o di poteri della magistratura.
Ora, pensare che Berlusconi si senta più protetto solo perchè esiste una legge che dice che non può essere processato, è una cosa completamente fuori dalla realtà.

Seconda domanda. Ammesso e non concesso che esista da qualche parte qualche giudice serio che voglia processare Berlusconi, pensiamo davvero che il modo corretto di fermarlo sia per mezzo di una legge come il Lodo Alfano? Risposta. No. Cerchiamo di essere realisti. Oggi i magistrati che vogliono indagare muoiono per infarto, per incidente, oppure vengono trasferiti. Basta vedere quello che è successo a De Magistris e alla Forleo.
Per fermare un magistrato è sufficiente che questo subisca minacce e intimidazioni; ad esempio gli si fa morire i genitori in un incidente stradale come è capitato alla Forleo; dopodiché il malcapitato verrà chiamato da Santoro e Travaglio in trasmissione a dire che i poteri occulti ce l’hanno con lui e voilà… un bel trasferimento da parte del CSM non glielo toglierà nessuno, perché si sa, i bravi magistrati devono lavorare in silenzio e quelli sono cattivi magistrati.

Terza domanda. Berlusconi è una persona intelligente. Tante cose gli mancano per essere un buon politico, ma certo non la caratteristica di non sapere come blandire le masse. Pensiamo forse che non sappia che la polemica sul Lodo Alfano serve a far calare ancora la sua popolarità? Per diventare ancora più popolare basterebbe che dica “non ho paura di essere processato, non ho nulla da nascondere”. Berlusconi sa, molto probabilmente, che una dichiarazione di questo tipo farebbe salire la stima che gli italiani hanno di lui senza correre alcun rischio reale di subire processi.
Eventualmente, se poi qualcuno si decidesse a processarlo, si potrebbe sempre fare un ritocchino alla legge; è successo molte volte, ad esempio con il reato di attentato agli organi costituzionali (approvato in fretta e furia insieme ad altre norme, nelle more del processo ad alcuni alti gradi dell’esercito coinvolti nella vicenda Ustica), oppure con la cosiddetta “salva-Previti”, ecc…

Quarta domanda. Giuristi e giornalisti spesso conoscono la legge. Sanno che ci sono molte leggi, molto più gravi, che nuocciono alla nostra democrazia. La norma in materia di prescrizione, quella in materia di falso in bilancio, quella che ha di fatto depenalizzato il reato di attentato alla Costituzione, la legge sulle intercettazioni, per non parlare dell’indegna legge elettorale, quella che non consente agli elettori di scegliere i suoi rappresentanti. E allora la domanda è: come mai tutti li, a parlare del Lodo Alfano, ben sapendo che in una vera democrazia una legge come quella sul Lodo Alfano non conta nulla, rispetto allo scempio che hanno fatto della Costituzione in questi anni destra e sinistra?
Il Lodo Alfano è un moscerino, rispetto alla balena rappresentata dal Trattato di Lisbona e all’elefante rappresentato dalla legge elettorale, dalla legge sulla prescrizione ecc...
Allora forse la polemica sul Lodo Alfano nasconde altro. Vediamo cosa.

La polemica sul Lodo Alfano nasconde in realtà un dialogo tra quella parte della massoneria che vuole affossare Berlusconi, e che da tempo gli ha mandato diversi segnali negativi, anche a mezzo della moglie. In pratica si tratta di un segnale dei poteri forti su una prossima caduta di Berlusconi.
E il premier, e coloro che lo difendono, quando dichiarano le loro posizioni, stanno solo dialogando con la controparte.
La leggi, spesso, non sono fatte per una reale volontà di cambiare la legge, né sono fatte per dare all’Italia un diritto più equo. Le leggi nascondono in realtà dei segnali alla controparte, dei veri e propri messaggi in codice. La modifica del reato di attentato agli organi costituzionali, di cui abbiamo parlato in questo blog, ad esempio, non serviva certamente per evitare che un magistrato potesse indagare su eventuali complotti ai danni dello Stato; i complotti ci sono stati per decenni, in barba alla legge che prevedeva l’ergastolo, e tutti coloro che sono arrivati alla verità sono saltati in aria, Falcone e Borsellino, Occorsio, Alessandrini… Non occorreva una legge per difendere coloro che in segreto tramano per destabilizzare il paese.

La polemica sul lodo Alfano, quindi, serve da una parte a far credere ai più ingenui che ci sia ancora un residuo di democrazia in Italia. Ma in realtà è un messaggio forte e chiaro a Berlusconi e significa: il tuo tempo sta per finire, e cadrai per uno scandalo giudiziario.

Ai politici e ai giuristi, del Lodo Alfano, non interessa nulla. Loro sanno benissimo in che stato è la nostra democrazia.

paolofranceschetti.blogspot.com

9 ott 2009

Massoneria in Italia: un po' di dati



Questo post è decicato a tutti i lettori\amici che quando parlo di Massoneria fanno sempre domande del tipo: "ma quanti sono i massoni?" "chi sono?" ecc ecc..

Una realtà in forte crescita



La Massoneria è,in Italia un fenomeno di grande espansione. I dati ufficiali, forniti dalle principali obbedienze massoniche, mostrano un trend di continuo aumento in termini di consistenza numerica e sopratutto di domande di ammissione.
Le tre principali famiglie massoniche italiane - il Grande Oriente d'Italia,la Gran Loggia Nazionale d'Italia, la Gran Loggia Regolare d'Italia- registrano una vera e propria corsa al grembiulino, una diffusa voglia di squadra e compasso.

I dati,aggiorati al 30 Marzo 2007, del Grande Oriente d'Italia,sono in questo senso significativi. Gli iscritti alla principale comunione massonica italiana,guidata dal 1999 dall'avvocato Gustavo Raffi, sono passati da 12639 del 98' a 18117 del 2007.
Una crescita costante e progessiva,realizzata nonostante il grave danno d'immagine portato da scandali come quello della P2 o dall'inchiesta sui rapporti tra mafia e massoneria deviata del 92', sfociati nella scissione del Grande Oriente e nella nascita della Gran Loggia Regolare d'Italia.
Nonostante questi eventi sfavorevoli il Goi ha continuato a crescere e oggi regioni come la Toscana contano, solo per il Grande Oriente, su 2755 affiliati,segiuta dalla Calabria con 2171 affiliati e dal Piemonte con 1729 iscritti.
Seguono poi la Sicilia (1606 affiliati), il Lazio (1512), la Lombardia (1386),l'Emilia Romagna(967),la Liguria (943), la Sardegna (892), l'Umbira(891), la Puglia(753), le Marche(731),la Campania-Lucania (720),il Veneto (385),il Friuli (271), l'Abruzzo-Molise (262) e il Trentino (143).

Ma è sopratutto la richiesta di nuove adesioni a sorprendere. Il Gran Maestro Gustavo Raffi parla di una media di 1000-1500 nuove domande di ammissione all'anno.
Dati impressionanti che testimoniano quanto sia alto negli italiani il desiderio di essere cooptati in associazioni che fanno del segreto il loro punto di forza.

Gode di ottima salute anche la Gran Loggia Nazionale d'Italia,detta più comunemente di Piazza del Gesù- Palazzo Vitelleschi (dal nome della sede) costituita nel 1944 e a fin dal 1955 è una comunione mista ossia ammette all'iniziazione anche le donne.
La Gran Loggia conta su oltre 8800 iscritti e si stima che una percentuale attorno al 27% sia costituita da donne.
In un incontro pubblico, il Gran Maestro della Gran Loggia, Luigi Danesin ha affermato che sono aumentati gli iscritti alle sue logge ( 400 logge in Italia e 8 all'estero)sopratutto tra i giovani, infatti l'età media si è abbassata dai 65 a 55 anni; Danesin ha anche parlato di un'impennata di iscrizioni in rosa, + 25% a livello nazionale e ha sottolineato che nell'obbedienza di piazza del Gesù le donne hanno par condicio da sempre e possono salire la scala iniziatica fino in cima ovvero fino al grado 33 senza subire discriminazioni si sorta.

La terza comunione più diffusa sul territorio italiano è la Gran Loggia Regolare d'Italia e conta su circa 3000 affiliati.
Quanto alla caratterizzazione del massone italico, la fascia di età tra i 18-25 anni rappresenta il 6% degli affiliati per il Goi e il 9% per la Gran Loggia, quella tra i 25 e i 40 anni rappresenta mediamente il 22 % degli affiliati, mentre risulta essere la componente primaria della massoneria italiana (40%) la fascia d'età compresa tra i 40 e i 60 anni.

Ma veniamo ora alla componente sociale della Massoneria:

Per il Grande Oriente, l'analisi dell'appartenenza in termini professionali evidenzia un prevalere del ceto sociale medio. E' infatti limitata l'appartenenza di operai (2%), mentre gli insegnanti rappresentano il 20 %, un dato che, sommato a quello degli impiegati pari all'11 per cento, mostra un lieve superamento dei lavoratori dipendenti nei confronti dei liberi professionisti (30 %). Rilevante anche la componente impreditoriale (15%) e quella dei pensionati (22 %).

Per la Gran Loggia d'Italia invece i dati disponibili mostrano una composizione più elitaria, inafatti i liberi professionisti rappresentano il 45 per cento del totale; i lavoratori dipendenti rappresentano solo il 20 per cento, mentre gli imprenditori rappresentano il 25 per cento e i pensionati l'11%.

Nelle varie obbedienze vi è comunque una netta crescita dei lavoratori dipendenti e di gruppi sociali assimilabili, che indica una tendenza all'allargamento della base sociale della massoneria italiana.
Quanto ai titoli di studio si può rilevare per le tre famiglie massoniche una sostanziale omogeneità dei dati per la fascia più bassa ( titolari di diploma della scuola dell'obbligo sono il 5%); mentre i laureati rappresentano il 60% per la Gran Loggia d'Italia e il 70 per cento per il Grande Oriente.

Sommando ai dati delle tre principali comunioni massoniche quelli più difficilmente valutabili di altre obbedienze spurie o irregolari si raggiunge e si supera il ragguardevole numero di oltre 30000 massoni in tutta Italia.
Una cifra considerevole se si tiene conto che un altro gruppo, spesso ritenuto antagonista, l'Opus dei, raggiunge in Italia poco più di 5000 aderenti.
I "fratelli d'Italia" godono quindi di ottima salute e il loro network di potere è più forte che mai.



TRATTO DA "FRATELLI D'ITALIA", FERUCCIO PINOTTI,BUR 2007


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7 ott 2009

Chi è veramente il capo dei capi?




Di Solange Manfredi



In questa calda estate, dopo 16 anni di detenzione, Riina ha deciso di parlare, di raccontare la sua verità.

Ovviamente sarà compito della magistratura verificare la veridicità delle affermazioni di Riina ma, ipotizzando che il boss di Corleone dica la verità, alcune domande possiamo, e dobbiamo, porcele.

Vediamo quali.

1. Nelle ricostruzioni operate dalle sentenze che si sono occupate delle stragi del 1992-1993 si afferma che tra l'agosto e il dicembre 1992 sarebbe intercorsa una sorta di “trattativa” tra Stato e mafia che avrebbe visto da un lato il generale Mori del Ros e dall'altro Riina. Mediatore tra le parti, Vito Ciancimino.

Oggi Riina afferma : “Io non so niente di queste cose. Da me non è venuto nessuno”.

Ipotizzando che Riina dica la verità, la prima domanda che sorge spontanea è:

Con chi Ciancimino ha portato avanti la trattativa? Una trattativa del genere si porta avanti con il vertice di Cosa Nostra, non con un subalterno. Ma se nessuno è andato da Riina, allora da chi? In altri termini: Riina era veramente il capo dei capi o, invece, era solo il “prestanome” di qualcuno molto più potente, protagonista occulto della mai finita strategia delle tensione?

Riina afferma anche che il giudice Borsellino non sarebbe stato ucciso dalla mafia ma, probabilmente, da uomini dello Stato.

Ipotizzando, anche in questo caso, che Riina dica la verità, la domanda da porsi è: Perchè? E' possibile che Borsellino sia stato ucciso perchè, come anni prima il giudice Occorsio, aveva capito che la c.d. Trattativa in realtà (come aveva ipotizzato un'inchiesta svolta dalla procura di Palermo, poi archiviata per scadenza dei termini nel 2000) non era altro che un accordo per la realizzazione di un piano eversivo di destabilizzaizone dello stato condotta da un “sistema criminale” composto da mafia, massoneria deviata e servizi segreti deviati?

L'ipotesi non deve sorprendere e non rappresenterebbe certo una novità per il nostro paese; la storia della nostra Repubblica è costellata di eventi che vedono i vertici di cosa nostra trattare, attraverso esponenti massonici, con “presunti” terroristi ed ideatori di progetti golpistici al fine di alimentare la c.d. “strategia della tensione”

Ciò che sorprende, invece, è come, analizzando gli atti delle pagine più buie della storia del nostro paese compaiano, collegati tra loro, sempre alcuni nomi. Per rendersi conto di ciò basta fare una semplice analisi della storia professionale e massonica di un protagonista: Giuseppe Mandalari, il commercialista della mafia

E' il 1954 quando Giuseppe Mandalari entra in massoneria e viene iniziato presso l' Obbedienza di Piazza del Gesù.

Punto di riferimento costante di Mandalari in ambito massonico è il principe Alliata di Monreale, in rapporti con la destra eversiva, coinvolto anche nelle inchieste sul Golpe Borghese, sul Golpe Sogno, sulla organizzazione eversiva denominata “Rosa dei Venti”, il suo nome compare negli elenchi P2 di Licio Gelli.

Unico Sovrano Gran Commendatore ad vitam nella storia della massoneria italiana, Alliata di Monreale balza alle cronache dei progetti golpistici già negli anni '50, accusato da Gaspare Pisciotta (poi morto in carcere per aver bevuto un caffè alla stricnina) di essere il mandante della strage di Portella della Ginestra, eseguita dal boss Salvatore Giuliano.

Nello stesso anno del suo ingresso in massoneria il giovane ragioniere Giuseppe Mandalari diviene dipendente dell'assessorato regionale ai Lavori Pubblici. Sono gli anni dell'ascesa di Luciano Liggio, il boss di Corleone che, grazie al legame con Vito Ciancimino, assessore ai Lavori Pubblici, si arricchisce a Palermo con l'abusivismo edilizio.

Oggetto di richieste di rinvio a giudizio sin dal 1964, Luciano Liggio (che, secondo quanto testimoniato da Tommaso Buscetta, e confermato dallo stesso Liggio, avrebbe preso parte alle riunioni tenutesi con la massoneria deviata e pezzi delle istituzioni per partecipare al Golpe Borghese e al Golpe Sogno) si dà alla latitanza nel 1969, riuscendo a scappare, mezz'ora prima di essere arrestato, da una clinica romana presso cui era ricoverato e dove riceveva le visite del capo dei servizi segreti Generale Vito Miceli (poi arrestato perché sospettato di essere coinvolto nell'organizzazione eversiva “Rosa dei Venti”, nel Golpe Borghese il suo nome compare negli elenchi P2).

Luciano Liggio, durante la sua latitanza, si dedica ai sequestri di persona (Anonima Sequestri) i cui proventi, come vedremo poi, si sospetta vengano riciclati in società cui era commercialista Giuseppe Mandalari.


Durante la latitanza accanto a Luciano Liggio troviamo Carlo Fumagalli, anche lui pare dedito ai sequestri di persona e sospettato di aver chiesto un riscatto di mezzo milione di dollari per il sequestro dell'industriale Aldo Cannavale.

Carlo Fumagalli è un personaggio ambiguo. “Estremista di centro” come lui stesso si definiva, seppur noto come leader del movimento di destra MAR (Movimento di Azione Rivoluzionaria), secondo alcune testimonianze sarebbe stato in realtà legato alle vicende della c.d. “strategia della tensione”, ai servizi segreti e, in rapporti con Giangiacomo Feltrinelli (morto a Segrate a 200 metri dalla carrozzeria DIA di Fumagalli), avrebbe dato vita al gruppo Brigate Rosse, preparando l'attentato alla pista di collaudo della Pirelli del 1971 (questo dato risulta particolarmente interessante proprio in considerazione del fatto che sul volantino di rivendicazione MAR del 13 aprile 1970 compare il simbolo della stella a cinque punte, simbolo poi adottato dalle Brigate rosse).

Principale finanziatore di Fumagalli risulta essere Jordan Vessellinoff, consuocero di Igor Markevitch, il direttore d' orchestra coinvolto nel rapimento dell'onorevole Aldo Moro. Anche lui personaggio ambiguo, che alcune informative indicano avere legami con faccendieri, trafficanti di armi ed appartenenti a vari servizi segreti, Jordan Vessellinoff aveva fondato nel 1958 a Santa Margherita Ligure, insieme al generale Giovanni Allavena (a capo del servizio segreto trafugherà alcuni fascicoli per consegnarli a Licio Gelli) la Loggia C.A.M.E.A. (Centro Attività Massoniche Esoteriche Accettate). Tale loggia risulta collegata con le logge cameine siciliane, nei cui elenchi compare il nome di Giuseppe Mandalari, e i cui vertici furono inquisiti nel 1979, dalla magistratura milanese, per avere aiutato Sindona (coinvolto nel Golpe Sogno) nel suo finto sequestro.

Fallito il golpe del '74 per Luciano Liggio, Michele Sindona e Giuseppe Mandalari iniziano i guai. Luciano Liggio viene arrestato a Milano e tra le sue carte viene rinvenuto un numero di telefono riservato di Ugo De Luca, al vertice della Banca Privata Finanziaria di Milano di Michele Sindona. E' l'inizio del crollo dell'impero finanziario di Sindona.

Passano pochi mesi e il 14 agosto del 1974 il giornale della Sicilia titola: “Anonima sequestri - Si indaga sulla personalità di Giuseppe Mandalari. Specialista nell'amministrare società costituite da mafiosi”. Secondo l'articolo gli investigatori sospettavano che alcune società di cui Mandalari era amministratore, considerate paravento di grossi mafiosi (Liggio, Riina e Bagarella), servissero a ripulire il denaro proveniente dai sequestri di persona.

E' il giudice Occorsio, che negli anni aveva indagato sul Golpe Borghese, sul Piano Solo, sullo scandalo Sifar, che, per primo, sospetta che molti sequestri avvengano, in realtà, per finanziare attentati e disegni eversivi, e confida al giudice Imposimato: "Sono certo che dietro i sequestri ci siano delle organizzazioni massoniche deviate e naturalmente esponenti del mondo politico. Tutto questo rientra nella strategia della tensione”.

Il 09 luglio 1976, Occorsio viene assassinato e la sua borsa, contenente documenti della sua indagine, viene trafugata (esattamente come accaduto per le agende dei giudici Falcone e Borsellino). L’autore materiale del suo assassinio è un neofascista, Pierluigi Concutelli, nella cui abitazione vengono rinvenuti dei soldi provenienti dal sequestro di Emanuela Trapani e la cui scheda, con l’indicazione della tessera n. 11.070, verrà ritrovata anni dopo da Giovanni Falcone a Palermo, nella sede della Loggia massonica Camea.

Ma, mentre per Liggio e Sindona (quest'ultimo morirà nel carcere di Voghera dopo aver bevuto un caffè avvelenato, esattamente come Gaspare Pisciotta, grande accusatore del Principe Alliata di Monreale) è la fine, Giuseppe Mandalari pare divenire ancora più forte e, nel 1978, riunisce diverse logge massoniche sotto la denominazione profana di Accademia di Alta Cultura (identico nome di una comunione massonica creata anni prima proprio dal principe Alliata di Monreale), cui fa seguire un collegamento operativo con altre logge presenti a Trapani. Collegati alle logge massoniche trapanesi troviamo i mafiosi Asaro e Calabrò, boss che gestiscono ad Alcamo il laboratorio di morfina-base più grande d’Europa, un miliardo di proventi al giorno, scoperto solo nel 1985. Tra i fornitori di droga del laboratorio di Alcamo vi era l'organizzazione di cui faceva parte il killer Alì Agca che, poco prima di attentare alla vita di Papa Giovanni Paolo II, soggiornerà per alcuni giorni in quelle località.

Coordinatore dei fratelli di Piazza del Gesù in Sicilia, l'importanza di Mandalari in seno alla massoneria, viene alla luce, per la prima volta, solo durante le indagini che hanno ad oggetto le logge trapanesi che si nascondevano dietro il Centro studi Scontrino, logge massoniche all'obbedienza di Giuseppe Mandalari, cui risultavano affiliati mafiosi, politici, funzionari dei servizi segreti, e presso la cui sede era presente l’Associazione musulmani d’Italia, sponsorizzata da Gheddafi (secondo il giudice Palermo affiliato nel 1969 a Londra alla loggia massonica dei Senussi) e facente capo a Michele Papa, capofila per la Sicilia del Supersismi di Santovito e Musumeci, al quale era partecipe anche Pazienza.

Ma neppure questo ennesimo “incidente” ferma Mandalari, la sua carriera continua sino al periodo stragista del 92 -'93 e all'appoggio dato alla neonata formazione politica: Forza Italia.

Come si può notare, seguendo la storia professionale e massonica di un solo protagonista si possono ripercorrere 40 anni di c.d. “misteri” italiani.

Per concludere, e ritornando alla prima domanda con cui abbiamo aperto l'articolo: se Riina dice la verità, Ciancimino con chi potrebbe aver trattato? Forse con Giuseppe Mandalari? Giuseppe Mandalari viene indicato, oltre che come il commericalista della mafia, anche come prestanome di Riina ma, vista la sua storia professionale e massonica, non potrebbe essere vero il contrario?

Ed ancora, se Borsellino non è stato ucciso dalla mafia, è possibile che la sua morte sia stata decisa perché aveva capito, esattamente come anni prima il giudice Occorsio, che la "trattativa" altro non era che un accordo, tra i soliti noti, che rientrava nella mai finita strategia della tensione?

Non lo sappiamo. Noi, basandoci su dati di fatto acquisiti, non possiamo che porci delle domande ed avanzare delle probabili ipotesi, il resto è compito della magistratura.



Israele, la patologia del male



DI GILAD ATZMON
Information Clearing House

Il discorso del primo ministro israeliano Netanyahu alle Nazioni Unite è uno spaccato della mentalità, della psiche e della logica israeliane. Nel suo intervento Netanyahu, un oratore prolifico e carismatico, dà libero sfogo alle sue tendenze genocide, mette in luce la supremazia israeliana e al tempo stesso, però, ci permette di individuare alcuni punti deboli nel cuore dell’ideologia nazionale ebraica. Dalla lettura di questo discorso emerge con estrema chiarezza che la retorica sionista della Shoa e quella della terra promessa sono vicine al punto di rottura. Sembra quasi che lo “screditato” presidente iraniano Ahmadinejad sia riuscito, alla fine, a spuntarla.

Non immischiatevi nella nostra Shoa

Gli Israeliani amano la loro Shoa, perché la Shoa è senza dubbio il loro prodotto propagandistico, la loro Hasbara, di maggior successo. In qualche modo permette loro di commettere omicidi di massa e di farlo in modo indiscriminato.

“Sono stato in una villa in un sobborgo di Berlino, chiamato Wannsee” ha detto Netanyahu “dove, il 20 gennaio 1942, dopo un ricco pranzo, alti ufficiali nazisti si incontrarono per decidere come sterminare il popolo ebraico”.

Caro primo ministro, se è sinceramente interessato ai “piani di sterminio” non c’è bisogno che vada fino a Wannsee-Berlino. Tutto ciò che deve fare è visitare i suoi quartier generali dell’IDF a Tel Aviv. I suoi comandanti in capo le faranno vedere la “soluzione” dell’IDF per i Palestinesi. Alla fine, è il suo esercito che circonda i Palestinesi con filo spinato, è lei che tiene sotto assedio popolazioni civili a corto di cibo e medicine. Sono le sue forze armate che hanno lanciato armi di distruzioni di massa nei quartieri più densamente popolati di questo pianeta. Mentre il significato reale della Endlösung, la Soluzione Finale Nazista, è oggetto di discussione tra gli storici che ancora non concordano su di esso, la realtà vera della soluzione assassina israeliana è stata vista da noi tutti.

Comunque, è quasi divertente vedere il primo ministro Netanyahu affrettarsi a difendere la retorica sionista dell’olocausto. Guardarlo presentare di fronte all’assemblea delle Nazioni Unite il protocollo della conferenza di Wannsee dà la chiara impressione che il premier israeliano ritenga necessario dare una forte iniezione di credibilità alla Shoa. Per la prima volta, la Shoa è sulla difensiva.

“Ecco qua una copia dei piani per Auschwitz-Birkenau, dove un milione di Ebrei furono uccisi. Anche questa è una bugia?” chiede Netanyahu.

Caro signor primo ministro, posso dirle che non ad un solo umanista importa il numero esatto – se furono un milione o quattro milioni gli Ebrei che morirono ad Auschwitz, nessuno dubita che il campo di concentramento fosse un luogo mostruoso. E però, bisognerà rispondere una volta per tutte a due quesiti: come mai gli Ebrei, che soffrirono così tanto durante la guerra, riuscirono a farsi coinvolgere in un colossale crimine razzista come la Nakba, appena tre anni dalla liberazione di Auschwitz (1948)? Come è possibile che la leadership israeliana, che è così sensibile alla sofferenza ebraica, riesca a negare di infliggere quella stessa sofferenza a milioni di Palestinesi?

Supremazia e oltre

In quanto movimento nazionale, il Sionismo manca di rispetto agli altri movimenti nazionalpopolari. Sembra che Netanyahu non riesca a rispettare il popolo iraniano e il loro regime. “Dovunque possono, essi impongono un regime sociale retrogrado dove le donne, le minoranze, i gay o chiunque non sia ritenuto un vero credente viene brutalmente sottomesso”. Netanyahu dovrebbe sapere che la legge giudaica non è molto differente da quella islamica in queste materie. Dovrebbe anche ricordarsi che è nel suo Paese che, appena un mese fa, degli omosessuali sono stati uccisi in una strada. Fa quasi sorridere che Netanyahu scelga di parlare dell’Iran come di un luogo di barbarie medievale per il suo trattamento delle minoranze. Per quel che riguarda le minoranze, lo stato ebraico è in effetti il posto più oscurantista di questo pianeta. Nella terra promessa di Netanyahu, metà dei cittadini non può partecipare al libero gioco democratico semplicemente per il fatto di non essere Ebrei.

A sentire Netanyahu, Israele è la personificazione della modernità occidentale.

“Noi occidentali duplicheremo il codice genetico. Noi cureremo ciò che è ora incurabile. Noi allungheremo le nostre vite. Noi troveremo un’alternativa economica ai combustibili fossili e ripuliremo il pianeta. Sono orgoglioso del fatto che il mio Paese, Israele, sia all’avanguardia di queste sfide”. Io devo ammettere di non essere del tutto sopraffatto dall’orgoglio per le conquiste scientifiche o tecnologiche di Israele. Né ho mai scorto alcuna traccia di tentativi israeliani di salvare l’umanità o addirittura il pianeta. A dire il vero, quello che vedo è piuttosto il contrario. Ad ogni modo, se Netanyahu è per il progresso scientifico, dovrebbe essere il primo a sostenere il progetto nucleare iraniano. Come tutti sappiamo, non sembra che questo sia il caso. Per una qualche ragione, egli sembra ritenere che, almeno nell’area mediorientale, energia ed armi atomiche debbano rimanere una proprietà esclusiva degli Ebrei.

Netanyahu sostiene che “se il fanatismo più primitivo può acquistare le armi più distruttive, la storia può andare all’indietro di molti anni”. Netanyahu può aver ragione ma qualcuno dovrebbe fargli capire che quello che dice si applica ad Israele più che ad ogni altro Paese, stato o società. Allo stato attuale è lo Stato Ebraico che è stato visto lanciare armi di distruzione di massa sulla sua popolazione civile e assediata. È lo Stato Ebraico che ci sta trascinando tutti quanti in un primitivo fanatismo biblico dell’”occhio per occhio”. Come se questo non bastasse, sono state anche America e Gran Bretagna che hanno lanciato guerre illegali orchestrate e finanziate da circoli Neocon a guida sionista. Questa guerra è costata oltre un milioni di vite umane ad oggi.

Tuttavia, per una volta sono d’accordo con Netanyahu : “La più grande minaccia che abbiamo davanti oggi è il sodalizio tra fanatismo religioso e armi di distruzioni di massa”.

Non si sarebbe potuto descrivere meglio il pericolo posto dallo stato ebraico e dal Sionismo. Israele è infatti un sodalizio mortale tra il sommario barbarismo genocida dell’Antico Testamento, il fanatismo sionista e un vasto arsenale di armi di distruzione di massa, chimiche, biologiche e nucleari, che sono state già in parte messe alla prova.

Sabbath Goyim

Come altri agenti sionisti in giro per il mondo, Netanyahu è convinto che i non-Ebrei, i Goyim dovrebbero combattere le guerre ebraiche. “Sopra ogni cosa, la comunità internazionale saprà fermare il regime terrorista iraniano, impedirgli di sviluppare armi nucleari e quindi di mettere a rischio la pace del mondo intero?”. Vorrei dire che qui il primo ministro Netanyahu si sbaglia proprio. Se le Nazioni Unite sono interessate a diffondere la pace nella regione e nel mondo, è di primaria importanza aiutare l’Iran a sviluppare il suo programma nucleare e anche la sua capacità militare nucleare. Sembrerebbe questa l’unica cosa che possa fermare il letale entusiasmo espansionista dell’Impero Anglofono, quello che abbiamo visto all’opera in Iraq, Pakistan e Afghanistan. Certamente ne fermerà i sintomi sionisti, celebrati alle spese dei vicini di Israele.

Dopo esser riuscito a trasformare gli eserciti americani e britannici in sottomesse forze di spedizione israeliane, Netanyahu sembra aspettarsi che l’Onu segua quell’esempio e svolga lo stesso medesimo compito. “Hamas” ha detto “ha lanciato migliaia di missili, colpi di mortaio e di razzo da Gaza alle vicine città israeliane. Anno dopo anno, mentre questi missili venivano scagliati deliberatamente contro i nostri civili, non una sola risoluzione dell’Onu è stata approvata per condannare quegli attacchi criminali”. Immagino che qualcuno dovrebbe ricordare al primo ministro che la disputa tra Hamas e Israele non è esattamente una questione internazionale, dal momento che la Palestina non è uno stato sovrano e che Gaza altro non è che un campo di concentramento gestito dagli Israeliani. In altre parole, la soluzione pratica di questa vicenda è semplice. L’Onu dovrebbe fare i conti con i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità commessi da Israele, la sua leadership e il suo esercito. Non è compito delle Nazioni Unite mozioni di condanna della parte oppressa.

Fantasie di massacri

Non ci vuole molto prima che Netanyahu indichi i suoi mentori ideologici e il nucleo della sua ispirazione letale: “Quando i Nazisti bombardarono le città britanniche durante la Seconda Guerra Mondiale... Gli alleati risposero radendo al suolo le città tedesche, causando centinaia di migliaia di vittime… In base a questi standard deviati, il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite avrebbe dovuto trascinare Roosvelt e Churchill alla sbarra. Una perversione della verità. Una perversione della giustizia. Delegati delle Nazioni Unite, accetterete questa farsa?”

Netanyahu ha quasi ragione, nella sua rievocazione della seconda guerra mondiale, egli ammette sicuramente che Israele segua le tattiche di assassinio di massa di Roosvelt e Churchill. Ma si dimentica di dire che, se fosse una questione di etica e di Giustizia (e non della solita lurida politica), Roosvelt e Churchill sarebbero stati accusati di crimini di guerra su ampia scala. In modo piuttosto scioccante, Netanyahu cade nella più ovvia trappola legale, equiparando l’attività israeliana con atti di bombardamento a tappeto su vasta scala. Per coloro che non riescono a cogliere il quadro, questa è una luce rossa di pericolo che lampeggia molto rapidamente. Nella percezione di Netanyahu bombardare con armi nucleari interi Paesi e radere al suolo città è un atto giustificabile. A dire il vero queste affermazioni sono sufficienti a rendere chiaro ad ogni essere umano ragionevole che Israele è un’entità genocida capace di portare la nostra civiltà alla devastazione finale.

Questo è il segnale che bisogna svegliarsi, non solo per i Palestinesi e gli Iraniani, ma in realtà per tutti noi.

Bibi* il pacificatore

Ora come ora, il primo ministro israeliano è pronto a fare il suo mantra di pace giudeocentrico: “Signore e signori, tutta Israele vuole la pace”. Però, le statistiche ci hanno detto recentemente che il 94% degli Ebrei israeliani ha anche approvato il bombardamento a tappeto dei vicini di casa. È impossibile non vedere una chiara discrepanza tra le affermazioni di “amore per la pace” e la realtà assassina.

“Chiediamo ai Palestinesi di fare finalmente quello che hanno rifiutato di fare per 62 anni: dire di sì allo Stato Ebraico”. Ancora una volta, mi capita di essere d’accordo con il premier Netanyahu. I Palestinesi dovrebbero dire SI ad uno Stato ebraico, ma non in Palestina o nel Medio Oriente. Se Obama, Brown, Merkel o qualsiasi altro leader mondiale male informato ancora ritiene necessaria o valida l’opzione di un “focolare nazionale ebraico” connotato in termini razziali, ebbene si faccia avanti per dare spazio a questo progetto entro i suoi confini. I Palestinesi dovrebbero dire NO ad uno stato ebraico in Terrasanta o nella regione. I Palestinesi non dovrebbero mai dare l’assenso ad uno Stato ebraico sul loro territorio. Invero, l’Onu dovrebbe seguire questa linea e fare ogni sforzo per smantellare questo maledetto regime di apartheid.

Khazari uniti

In una certa misura, il discorso di Netanyahu all’Onu esprime alcune profonde preoccupazioni che gli Ebrei tendono a tenere per sé. In fin dei conti, gli Israeliani e gli Israeliani Ashkenaziti in particolare sanno molto bene che la Palestina non è la terra dei loro avi. Se gli Ebrei israeliani ashkenaziti, tra i quali si conta anche Netanyahu, vogliono davvero trovare le loro radici, il luogo da cui iniziare è la Khazaria. Ma Netanyahu cerca di disinnescare questi fatti storici: “Il popolo ebraico non è un conquistatore straniero della Terra di Israele. Questa è la terra dei nostri antenati. Noi non siamo estranei a questa terra. Essa è la nostra patria”, dice Netanyahu con convinzione totale.

Signor primo ministro, lo dirò chiaro e tondo. Lei non solo è estraneo a quella terra, ma anche a quasi ogni possibile comprensione della nozione di umanità. A dire il vero, il Muro di Separazione che sarà lasciato intatto dopo l’inevitabile scomparsa della sua “Democrazia-per-soli-Ebrei” servirà per generazioni come uno straordinario monumento storico all’identità nazionale ebraica avulsa all’etica, all’universalismo e alla fratellanza umana. Il crimine contro l’umanità commesso dallo Stato ebraico nel nome della gente ebraica non scomparirà dai libri di storia in breve tempo. Al contrario, resterà come un altro capitolo mitologico di questa saga infinita fatta di suprematismo compulsivo e patologico autocompiacimento.

“Dobbiamo avere sicurezza” dice il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu alla fine del suo discorso. E io lo devo contraddire. Israele non sarà mai sicuro. È nato nel peccato, e oggi va oltre ogni nozione di etica o di esistenza umana. Lo Stato ebraico ha passato il punto di non ritorno ed è destinato a scomparire. Possiamo sperare soltanto che una volta che ciò accadrà, il processo di assimilazione e integrazione degli Ebrei all’interno dell’umanità prenderà nuovamente il largo. In fin dei conti, il nazionalismo ebraico di sinistra, destra e centro è servito a tenere segregati gli Ebrei. La storia del XX secolo ci insegna che questa tendenza a segregarsi è negativa per l’umanità ed è devastante per gli Ebrei.

* Il soprannome di Netanyahu è Bibi.

Fonte: http://www.informationclearinghouse.info/
www.comedonchisciotte.org

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22 apr 2009

Analisi sulle vere cause della Crisi



Dove andrà a finire l'economia dei ricchi?? (2001)


Lo Stato 
Ciò che conta è il puro dato statistico, dal quale si evinca che la produzione abbia avuto un incremento. Un esempio divertente di questa stortura nel calcolo di un Totem come il PIL, è data da questo fatto che si è recentissimamente verificato negli USA. Sappiamo che il PIL è composto, tra l’altro, dal saldo della bilancia dei pagamenti, ovvero dalla somma algebrica delle esportazioni, con il segno positivo meno le importazioni. Ebbene, se si verifica un forte calo delle importazioni, per effetto di una crisi, che evidentemente si riflette in minori consumi, il PIL cresce, poiché quel saldo si sposterà decisamente verso il positivo. L’effetto sarà, quindi, di un’apparente crescita della ricchezza, che però produce (relativo) impoverimento tra la gente. 
Allora cerchiamo di capire quali incongruenze si nascondano dietro la realizzazione dei modelli di equilibrio e quali conseguenze aberranti essi comportino.

Il livello dei prezzi dipende da quattro variabili:

1) i costi di produzione, 2) la domanda, 3) l'offerta e 4) la quantità di moneta in circolazione.

Dobbiamo considerare che, per ragioni storiche, la variabile costi tende a diminuire mentre la variabile quantità di moneta tende ad aumentare, entrambe con andamento non lineare ma con direzionalità costante. 
Anche le altre due variabili principali, domanda ed offerta, tendono storicamente ad aumentare in relazione diretta l'una con l'altra. La teoria dell'equilibrio descrive l'andamento dinamico delle quattro variabili e la loro relazione con altre due variabili, il tasso di disoccupazione ed i profitti che dipendono nel loro insieme dalle variabili considerate e, a loro volta, ne determinano l'andamento.

Nelle condizioni ideali, il tasso di occupazione è costante, costi e profitti diminuiscono, offerta e domanda crescono in parallelo e la quantità di moneta cresce meno del tasso di riduzione dei costi[1]. 
Da decenni la crescita del sistema è assicurata dal controllo di queste variabili effettuata dall'intervento dei governi su costi, occupazione ed offerta, e delle autorità monetarie sulla quantità di moneta. Profitti e domanda sono determinati di conseguenza dal mercato.

In questo bel quadretto, si spiegano gli interventi delle banche centrali sui tassi di interesse, che determinano la quantità di moneta creata, le preoccupazioni sulla riduzione del tasso di occupazione o su una sua eccessiva crescita, la necessità di rallentare la crescita (id est la produzione) per evitare squilibri con la domanda o di tenere a freno i consumi per non esercitare pressioni sui prezzi, eccetera, eccetera. 
I tassi di crescita dei paesi occidentali ed in misura diversa, del mondo intero negli ultimi tre decenni, danno lustro ed affidabilità al modello. 
Ci sono però alcune cose che questo modello non dice e che falsificano l'intero ragionamento.

L’economia del debito 
La prima cosa che non ci dice, è che il presupposto della crescita è un indebitamento crescente del sistema, sotto forma d’indebitamento privato (famiglie ed imprese) e pubblico (stato ed enti pubblici). La questione coinvolge sia l'equilibrio del sistema sia la natura stessa del potere.
In altri termini, la variabile quantità di moneta, che dal modello appare neutra, nasconde una distribuzione ineguale delle risorse finanziarie che incide in maniera determinante sia sulla qualità che sulla misura della domanda complessiva.

Immaginate che qualcuno vi proponga un lavoro, una casa ed anche i soldi per mangiare e per gli svaghi. Ne sareste felicissimi, credo. Dopodiché scoprite che i soldi che vi da per il vostro lavoro sono meno di quelli che vi servono per vivere, per cui ogni mese vi indebitate un po’ di più e su questo debito pagate anche interessi che aumentano il vostro indebitamento. E’ ragionevole ritenere che la vostra felicità scomparirebbe immediatamente? 
Un film degli anni settanta proponeva un tema simile ambientato in una piantagione del sud degli Stati Uniti. 
Il protagonista, vedovo con due figli piccoli, è alla ricerca di un lavoro e di una sistemazione decente. Capita in un’azienda agricola dove cercano dei lavoranti. Gli viene proposto uno stipendio di mille dollari al mese (incredibilmente alto), la casa, l’alimentazione, la macchina, gli svaghi e la scuola per i figli. 
Lui trova le condizioni che gli vengono proposte straordinariamente soddisfacenti, e si mette alacremente al lavoro. Per la verità, la casa è una stamberga invivibile, l’automobile uno scassone inguidabile, il mangiare fa schifo e gli svaghi sono inesistenti, ma non si può andare troppo per il sottile nella sua situazione.

Alla fine del mese la sorpresina. Eh già, perché quando va a ritirare lo stipendio. dopo un mese di duro lavoro, gli viene detto che al suo stipendio di mille dollari devono essere detratti 600 dollari per l’alloggio, 400 dollari per il vitto ed altri 400 dollari per la macchina, le bevande e gli svaghi (il whisky era un po’ caro). 
Insomma, dopo un mese di duro lavoro, non solo non aveva guadagnato nulla ma era debitore in totale di 400 dollari. Nel film, come era prevedibile, la questione è finita a pistolettate. 
Nel mondo sta accadendo la stessa cosa, ma stranamente nessuno se ne lamenta. Il debito pubblico dello Stato aumenta ogni anno in termini assoluti. Ciò che si riduce e su cui si interviene, è il deficit pubblico, che è uno degli elementi che determina il tasso di crescita del debito[2].

All’aumento della massa finanziaria per mezzo dell’indebitamento, corrisponde un impoverimento della popolazione e non un suo arricchimento. 
In effetti, nel mondo occidentale, si sta verificando una crescita dell’impoverimento degli strati di popolazione tradizionalmente poveri, e l’ingresso nella fascia di povertà anche di settori della classe media. 
Infatti, l’aumento della massa finanziaria, comporta un incremento in termini assoluti degli interessi che sono pagati su tale massa, dato che le emissioni monetarie avvengono, in pratica, solo per il tramite del meccanismo di creazione di denaro da parte delle banche. In altre parole, più si produce con il lavoro e più ci si indebita verso il sistema finanziario che, invece di essere di stimolo per le attività produttive, per le dimensioni che ha raggiunto è diventato una palla al piede del sistema economico. Per questa ragione, chi non possiede strumenti finanziari, e vive solo di lavoro, diventa necessariamente più povero, mentre chi possiede strumenti finanziari diventa allo stesso tempo più ricco.

Un esempio illuminante del vicolo cieco in cui si è cacciato il sistema, è dato dal particolare meccanismo di emissione di titoli di debito in deficit pubblico. 
In pratica, il deficit pubblico consiste nella quantità di denaro necessaria per coprire le spese dello Stato che non sono assicurate dai ricavi della fiscalità complessiva. 
Le emissioni in deficit pubblico devono essere commisurate al prodotto interno lordo. Per gli accordi di Maastricht, il requisito essenziale per entrare nell’ambito della moneta unica è che il deficit pubblico non superi annualmente il 3% del PIL. Negli anni passati questa percentuale è stata anche molto più alta, fino ad oltre il 12% in momenti di gravi difficoltà per lo Stato italiano.

La perversione consiste nel fatto che tali emissioni vengono calcolate sulla base di quanto prodotto dai cittadini, ma non vengono erogate a favore di coloro che con il proprio lavoro ne hanno consentito l’emissione. 
Al contrario, vengono poste a loro carico. Infatti, le emissioni in deficit pubblico vanno ad aggravare il debito pubblico e questo si scarica prima o poi sulla fiscalità ordinaria. 
Con l’assurda conseguenza che più si produce e più ci si indebita in termini assoluti. In effetti, il debito pubblico dello Stato italiano ha raggiunto nel 2000 la rispettabile cifra di 2.500.000 miliardi.

Per fare fronte a questa cifra spaventosa, gli italiani dovrebbero lavorare per oltre dieci anni senza tenere nulla per sé, vale a dire senza mangiare senza bere, senza tempo libero, senza fare figli, stando attenti persino a respirare. 
Capite qual è l’assurdo? Che un gruppo di signori, ignoti ma non tanto, che detiene la maggior parte di questa ricchezza finanziaria non solo usufruisce di ricchezze spaventose, ma soprattutto ha il potere di decidere della vita e della morte di intere popolazioni sulle quali esercita il potere per mezzo del debito.

Il meccanismo si risolve in una sottrazione di ricchezza alla popolazione che non usufruisce di ritorni dal mondo della finanza. E questo, ovviamente, aumenta il divario tra ricchi e poveri.

La seconda cosa che il modello nasconde, è che per mantenere la crescita del sistema, è necessario un tasso di fiscalizzazione crescente, ovvero, in alternativa, un indebitamento pubblico crescente. 
Anche se cercano di spacciarlo per un sintomo di ricchezza, l’aumento delle tasse comporta da sempre una diminuzione della ricchezza soprattutto per le classi più povere. 
Vi faccio un esempio concreto. 
Una mia giovane amica con cui ogni tanto condivido i viaggi da pendolare, lavora come impiegata presso un’agenzia di viaggi romana. 
Com’è noto, è fortunata ad avere un lavoro di questi tempi. Per otto ore di lavoro che diventano dieci e più sommando i tempi del pendolarismo, guadagna, lorde in busta, 2.400.000 il mese, che si riducono ad un milione e mezzo per effetto delle varie ritenute.

E’ innegabile che sia un buono stipendio, dati i tempi, però lei fatica ad arrivare alla fine del mese, pur spendendo solo lo stretto indispensabile per vivere. Vorrebbe sposarsi, ma il fidanzato guadagna più o meno come lei e in due hanno difficoltà a mettere da parte qualche soldo per la festa, il viaggio di nozze, i mobili, la cucina e magari pensare di fare qualche figlio. Figuriamoci per comprare casa! 
Riflettendo sulle tasse, lei ha fatto questo ragionamento. Il mio stipendio lordo è di 2.400.000 lire, che è quanto il mio datore di lavoro spende, ma a me arriva in tasca solo un milione e mezzo.

Non ho però finito con ciò di pagare tasse, dato che qualunque cosa acquisti, dalla benzina ai vestiti, dal pane alla luce elettrica, anche se mi è strettamente indispensabile per vivere e lavorare, è a sua volta gravata di tasse, e non certo in misura irrisoria. Con l’Iva al 20% praticamente su tutto e le altre tasse ed accise sulla produzione e sul lavoro, il prezzo di ogni bene è formato per almeno il 50% da tasse, dato che com’è noto le imprese scaricano sui prezzi le tasse che pagano. 
La mia amica conclude che il suo stipendio è quindi gravato da tasse per oltre il 70%. 
Se la volete leggere in termini temporali, lei lavora per lo Stato da gennaio fino a settembre inoltrato, e tutto ciò solo per avere il diritto di ottenere lo stretto necessario per vivere.

Se volesse comprare casa, dovrebbe indebitarsi, accendendo un mutuo con una banca e gravandosi dei relativi interessi che ne diminuirebbero ulteriormente il tenore di vita già ai limiti della povertà. Per colmo d’ironia, questa ragazza è considerata nel comune modo di sentire, una persona fortunata!
All’estremo opposto, vediamo quello che può accadere ad una persona che abbia duecento milioni da investire e che sia disposto a perderli senza subire gravi conseguenze. 
Duecento milioni è una cifra relativamente modesta su un mercato, come quello italiano, in cui ogni giorno si trattano cinquemila miliardi di lire e ancora di più su quello americano, dove ogni giorno le azioni trattate assommano a quattro milioni di miliardi di lire.

Il nostro investitore fa le sue brave considerazioni e poi sceglie di investire su un titolo che gli sembra buono. Ne acquista cento azioni a cento dollari, spendendo circa 23 milioni. 
Il giorno dopo, il titolo in questione scende violentemente del 20%. Non è una follia, è quello che accade quotidianamente a centinaia di titoli sul mercato americano. A fine seduta il nostro investitore acquista duecento azioni a 80 dollari, spendendo altri 36 milioni. 
Il giorno successivo, però il titolo continua a scendere, e ancora nella percentuale record del 20%. I tecnici di borsa direbbero che il titolo si trova in una situazione di ipervenduto. 
Il nostro non si perde d’animo e acquista adesso 400 azioni a 64 dollari l’una, spendendo 58 milioni. In totale il nostro ha investito 118.680.000 lire e possiede adesso 700 azioni del titolo. E’ altamente probabile che a questo punto il titolo risalga con altrettanta violenza, anche se in genere si attesta al di sotto del livello da cui è partita la discesa.

E’ sufficiente che il titolo del nostro investitore arrivi a 85 dollari perché lui guadagni in pochi giorni, sull’intero investimento 18 milioni, ovvero proprio lo stipendio che la mia amica pendolare riceve per un anno di lavoro. 
E se il titolo dovesse scendere ancora, il nostro è pronto ad effettuare nuove mediazioni al ribasso. Se poi il titolo dovesse crollare i casi sono due: o è la fine del capitalismo finanziario, e allora i soldi non servono più a nessuno, né all’investitore né all’impiegata, o la scelta del titolo era clamorosamente sbagliata ed allora, incassate le perdite, il giochetto si può ripetere su altri titoli.

D’altra parte avevamo presupposto che per fare questa attività è necessario disporre di denari che si è disposti a perdere. Se poi il titolo che il nostro ha acquistato all’inizio della storia sale, invece di scendere, allora lui dopo un po’ vende ed incassa, passando ad un’altra operazione. 
Non crediate che siano pochi fortunati a fare questa attività. Nel mondo occidentale, sono ormai decine di milioni le persone che svolgono attività di borsa per proprio conto dalla quale traggono proventi maggiori di quelli che ricevono dal lavoro. 
Il 70% delle famiglie americane ha denari in titoli o fondi di investimento che hanno avuto una redditività media superiore al 20% negli ultimi cinque anni. Insomma cento milioni ne rendono venti l’anno, senza far nulla e con le tasse pagate.

Ah già, le tasse. Sapete quanto paga di tasse il nostro investitore sui diciotto milioni che ha guadagnato con il giochetto di cui parlavamo prima? Una cedolare secca del 12,5% e senza dover fare né dichiarazioni né gli altri complicati calcoli richiesti dalla normale dichiarazione dei redditi, dato che fa tutto la SIM attraverso la quale passano obbligatoriamente le operazioni di borsa.
Da quanto avete letto, potete dedurre che più denaro avete meno rischi correte di perderlo, dato che potete mediare al ribasso molte volte e, soprattutto, diversificare il rischio su un numero elevato di titoli recuperando altrove le perdite che avete subito con alcuni di essi. 
E vi viene in soccorso la statistica, per la quale negli ultimi 30 anni la redditività dei titoli in borsa è stata in media del 16% netto l’anno. Applicandola al nostro esempio di chi possiede duecento milioni, questi ne ricaverebbe ben trentadue l’anno, tasse pagate ed escludendo l’inflazione. Vale a dire, quasi il doppio di quello che riceve la mia amica per le sue otto ore di lavoro oltre alle due o tre di trasporto.

Un vecchio detto popolare sostiene che i soldi vanno a chi già ce li ha e questo meccanismo di funzionamento della borsa ne è appunto una riprova. 
In altri termini, ciò che produce ricchezza è l’attività finanziaria che cresce a tassi compresi tra tre e quattro volte quelli dell’economia reale. 
C’è, però, un piccolo particolare spesso dimenticato quando si parla di queste cose. Il particolare è che la ricchezza finanziaria non produce nulla, se non pezzi di carta e adesso bytes di memoria sui computer. 
Perciò, chi si è arricchito per il tramite della finanza, deve togliere ricchezza a coloro che questa ricchezza l’hanno prodotta con il proprio lavoro.

Non solo. Se la ricchezza finanziaria continua a crescere a tassi superiori a quelli di crescita della ricchezza reale, alla fine ci saranno un’infinità di pezzi di carta che gireranno sempre più velocemente tra la gente ed a valori sempre più variabili. 
Eh già, perché più aumenta la quantità di mezzi finanziari, più cresce la loro velocità di circolazione e maggiori diventano le oscillazioni tra i prezzi. L’enorme massa di strumenti finanziari si risolve in una definitiva perdita di correlazione tra il prezzo delle azioni o il valore nominale dei titoli, e l’effettiva attività delle aziende.

I prezzi dei titoli, come di qualunque altro bene che sta sul mercato, dipendono dalla domanda e dall’offerta. Poiché la crescita degli strumenti finanziari è maggiore della crescita della produzione, le transazioni relative agli stessi strumenti finanziari finiscono per diventare preponderanti nel sistema economico, e questa preponderanza tende a crescere in misura esponenziale, dato che essa stessa diventa uno strumento finanziario. Alla base di questa riflessione è il dato della continua nascita di nuovi strumenti finanziari, soprattutto derivati dai principali, che ha caratterizzato le attività finanziarie dell’ultimo decennio. 
Ma questa crescita dell’area finanziaria avviene a discapito della produzione economica che è gravata da un indebitamento crescente dal quale non può liberarsi se non per mezzo di una distruzione di buona parte della massa finanziaria. Oltretutto, alla crescita degli strumenti finanziari non si accompagna una loro distribuzione equa, o quantomeno, non tanto squilibrata.

In conseguenza di questo squilibrio, la domanda non riesce a crescere in maniera congrua, poiché comunque le innovazioni tecnologiche hanno portato nuova linfa nella produzione. 
Come nel 1929, quando il mondo sperimentò le delizie della crisi di sovrapproduzione, anche oggi ci si trova di fronte allo stesso pericolo. Allora, come oggi, le innovazioni tecnologiche spinsero la produzione a livelli mai raggiunti prima. Allora, come oggi, la distribuzione delle risorse finanziarie era ineguale. Ne seguì un’improvvisa caduta della domanda ed una profonda crisi dalla quale i paesi occidentali uscirono solo nel dopoguerra.

Uno dei primi a trovare una soluzione al problema della debolezza della domanda fu Henry Ford, che pure, nei primi tempi della crisi, aveva reagito con ottusa durezza alle proteste ed alle iniziative degli operai e del sindacato contro la chiusura degli stabilimenti di produzione. 
Prima della crisi, la produzione della Ford era rivolta soprattutto ad una fascia di acquirenti medio alta, dati i prezzi delle automobili prodotte dall’azienda. Ford pensò di introdurre modifiche ai modelli ed al ciclo di produzione tali da abbassarne in maniera consistente il prezzo di produzione ed allo stesso tempo alzare enormemente la quantità di unità prodotte, cosicché fosse possibile vendere le automobili ad un pubblico più ampio, compresi gli stessi operai della sua fabbrica. Nel 1935 lanciò l’obiettivo di produrre un milione di automobili in quell’anno, e finalmente, dopo tanti anni di recessione, assunse molti nuovi operai, cui propose di acquistare l’automobile a rate.

Nacque in questo modo empirico l’economia fondata sul debito al consumo, dato che l’esempio di Ford fu ben presto seguito dalla maggior parte dei proprietari delle altre aziende. Soprattutto nel dopoguerra, milioni di famiglie americane, così come milioni di famiglie europee, furono indotte ad acquistare ogni sorta di beni di consumo utilizzando i crediti che venivano erogati da Banche, finanziarie o dalle stesse aziende di produzione.

La finanza del debit
L’economia fondata sul debito ci sta portando verso una nuova crisi, poiché appare sempre più chiaro che questo debito non solo non potrà mai essere pagato, ma che esso cresce in misura maggiore dell’economia reale. 
Com'è noto, in tutti i tempi ed a tutte le latitudini, un eccesso di massa monetaria rispetto alla quantità dei beni in circolazione produce inflazione. Lo strumento tradizionalmente usato per ridurre la crescita della massa monetaria, è il rialzo dei tassi di interesse, che genera una contrazione del credito. Le banche, infatti, creano denaro per mezzo della concessioni di linee di credito a imprese, famiglie ed enti pubblici.

A questa massa monetaria creata dalla banche si aggiunge la massa dei titoli di credito creati dallo Stato a fronte del debito pubblico e per la copertura delle politiche di deficit pubblico, nonché quella creata dai privati per mezzo di obbligazioni o titoli (c'è anche da considerare la circolazione semi illecita, quale quella degli assegni postdatati, cambiali, tratte e ricevute bancarie). 
Si tratta di strumenti finanziari che hanno un'origine diversa, ma da tempo tutti questi strumenti svolgono una funzione monetaria checché ne dicano l'Istat e la Banca d'Italia. Essi sono, infatti, crediti inesigibili nei confronti di soggetti istituzionali o privati la cui esistenza è giustificata dalla circolazione e basta.

A questi strumenti, dobbiamo aggiungere sia le azioni, la cui funzione monetaria è sempre più rilevante, sia i derivati la cui elasticità ne consente l'uso monetario in determinate circostanze. Sui derivati gira la favola che essi siano un giochino a somma zero, nel senso che le Clearing Houses[3] aprono sempre posizioni equivalenti ma di segno opposto. 
Si tratta, appunto di una favola, dato che com'è noto, l'apertura delle posizioni avviene sul margine e non sul sottostante e quindi, in caso di forte direzionalità in un senso o nell'altro, l'effetto leva genera squilibri pesanti nei conti. La chiusura forzata di posizioni indurrebbe crisi di panico non dissimili da quelle vissute dalle banche fino al 1932. 
E, a proposito di derivati, le opzioni, che non hanno posizioni put in corrispondenza, non sono certo strumenti finanziari a somma zero.

Le dimensioni del fenomeno ci chiariscono i termini della faccenda. Le banconote in circolazione in Italia sono oltre 50 miliardi di euro. I depositi bancari a vista e breve sommano oltre 2.600 miliardi, più o meno come i titoli del debito pubblico. Aggiungendo i titoli emessi da enti pubblici, regioni e comuni, il debito pubblico complessivo dovrebbe attestarsi intorno ai 1.800 miliardi di euro. 
Azioni ed obbligazioni di società quotate sommano circa 1.000 miliardi, mentre i titoli ed obbligazioni emessi dai privati (dagli assegni postdatati alle ricevute bancarie) sommavano oltre 1.500 miliardi nel 1998. La maggior parte degli economisti consideravano fino a qualche anno fa', che i derivati ammontassero a circa il 50% di tutti gli altri strumenti finanziari, percentuale che a me sembra un po' bassa, ma che, se presa per buona, porta la somma totale della carta in circolazione in Italia a circa 8.000 miliardi (la mia stima per il 2000 è di oltre 9.000, con un picco a marzo di circa 9.500).

Ah, dimenticavo le riserve di oro ed altri preziosi, che attualmente sono di poco superiori ai 24 miliardi di euro, ovvero circa lo 0,25% del totale dei pezzi di carta, alla faccia della convertibilità stampata sulle nostre banconote! 
E' proprio l'inesigibilità (nel senso dell'inconvertibilità) degli strumenti finanziari (se non tra loro) che ci induce a ritenere che tutti svolgano la stessa funzione, che si risolve alla fine in una funzione monetaria dalla maggiore o minore elasticità. 
Nel senso che non posso andare a comprare con i BOT le sigarette, ma certo ci compro un appartamento. D'altra parte, se porto da un notaio un camion di 20 tonnellate di monetine da cento per pagare 200 milioni di lire per un appartamento, è presumibile che riaprano un manicomio per rinchiudermi dentro.

Sempre più spesso, per l'acquisto di aziende, società quotate in borsa e non emettono proprie azioni fissando il rapporto di concambio con quelle dell’azienda acquistata. 
In questo caso le azioni svolgono una funzione monetaria né più né meno dei BOT o degli assegni circolari. 
A fronte di questa montagna di carta, il popolo italiano produce più o meno 1000 miliardi, ovvero il Prodotto Interno Lordo. Sul conteggio del PIL ci sono un'infinità di obiezioni, ma adesso prendiamo per buono il dato, depurandolo dalle attività finanziarie che incidono sul PIL per circa 150 miliardi.

In altri termini, la carta in circolazione è circa tra 9 e 11 volte la produzione nazionale. Non solo: mentre infatti, il PIL cresce ad un tasso medio inferiore al 2%, la massa finanziaria cresce al tasso decisamente superiore di oltre il 6%. Da questo diverso tasso di crescita discendono le preoccupazioni sull'inflazione e le politiche di tassi alti che, però, abbiamo constatato non risolvere il problema, dato che il tasso di crescita della massa è maggiore di quello dell'economia reale, per di più depressa per via dell'alta redditività delle obbligazioni (pubbliche e private). 
Una politica di bassi tassi di interesse nemmeno risolve il problema, dato che produce un aumento della massa monetaria creata dal sistema bancario in misura comunque maggiore del tasso di crescita dell'economia.

Alla fine questa montagna di carta collasserà su sé stessa bruciando di colpo tutta la ricchezza virtuale e non che essa rappresenta.

E' questo lo scenario che viene comunemente indicato come lo scoppio della bolla speculativa, che precipiterà di colpo nel momento in cui sarà stato raggiunto il limite dell'indebitamento del sistema.

Lo scenario prossimo venturo 
Questa analisi descrive in linea generale un sistema economico che cresce sul debito, qual è quello che si è venuto determinando dal 15 agosto 1971, data in cui Nixon proclamò l'abrogazione unilaterale degli accordi di Bretton Woods. Quegli accordi prevedevano la convertibilità di tutte le monete nel dollaro e la convertibilità di questo nell'oro. Prevedevano, anche, l'istituzione del FMI come strumento per il controllo e l'intervento finanziario diretto al sostegno dei livelli dei cambi decisi nell'ambito politico. Com'era presumibile, il FMI ha svolto un ruolo politico essenziale per il mantenimento degli assetti di potere usciti da Yalta, mentre la sostanza del potere, all'interno dei singoli paesi, era determinata dalla gestione del credito nei confronti di pubblico e privato.

Qual è il rischio in questa situazione? 
Che all’improvviso, l’impossibilità di far crescere ulteriormente l’economia sul debito, ovvero le difficoltà della gente comune e delle imprese, nonché degli Stati, di contrarre altri debiti determini una brusca caduta della domanda, proprio in un momento in cui il sistema, spinto verso nuovi livelli di produttività dalle attività della nuova economia, ne ha più bisogno. I tassi di crescita presupposti dalle produzioni della nuova economia sono formidabili. Con tutti i freni che la politica monetarista di Greenspan ha imposto agli USA negli ultimi anni a colpi di rialzi dei tassi di interesse, l’economia americana è cresciuta ad un tasso superiore al 5% all’anno, alla faccia dei menagramo che ritenevano illusorio un tasso del 4%.

Questo è potuto accadere per le peculiari caratteristiche delle produzioni della nuova economia di cui parleremo in seguito. Resta il fatto che il monetarismo, figlio di questo sistema di gestione della ricchezza finanziaria, ha necessità di ridurre i tassi di crescita dato che altrimenti il sistema rischia di generare un’inflazione incontrollabile. 
Le cause di questa inflazione sono dovute alla crescita della massa finanziaria maggiore di quella dell’economia, ed abbiamo visto che non c’è modo di arrestarla, né alzando né abbassando i tassi di interesse. In entrambi i casi, infatti, la massa finanziaria continua a crescere o per il verso del debito pubblico o per quello del debito privato. 
Questi elencati di seguito sono, in sintesi, i punti deboli del sistema:

1) La crescita del debito pubblico non è più tollerabile, anche se è continuata imperterrita negli ultimi dieci anni

2) Il livello di indebitamento delle famiglie sta spingendo fasce crescenti di popolazione in condizioni di povertà in tutti i paesi occidentali, USA compresi, il che rende, tra l'altro, ridicole certe cifre sull'occupazione e la crescita economica.

3) L'incremento esponenziale dell'immigrazione, ovvero di gente alla ricerca di condizioni accettabili di vita (non sanno quello che trovano qui), indice dell'impoverimento crescente nel terzo mondo.

4) L'estrema volatilità dei mercati finanziari, nonché l'estrema sensibilità dell'economia reale alle manovre sui tassi (la caduta del PIL USA nell’ultimo semestre del 2000 dal +5.4% di giugno allo 0.9% di dicembre è estremamente significativa).

5) L'enorme potenzialità produttiva della new economy a fronte della quale c'è una domanda sempre più debole, ai limiti della recessione. In questo contesto una crisi improvvisa di sovrapproduzione diventa probabile.

6) L'assoluta mancanza di chiarezza tra economisti, politici, operatori finanziari e banche centrali sulla gravità della situazione e sui rimedi possibili. Chi mette in guardia sui pericoli viene tacciato, nella migliore delle ipotesi, di essere uno iettatore, come accadde nel 1929 a Paul Warburg e Roger Babson.

Dal lato dei politici, non mi stancherò mai di ricordare le ottimistiche previsioni di crescita e sviluppo formulate dal Presidente americano Coolidge nel suo discorso sullo stato dell'Unione del dicembre 1928, a pochi mesi dal crollo[4].

I segnali che stanno giungendo da tutto il mondo sono di un rallentamento delle attività dell’economia reale e di un aumento della povertà in tutto il mondo, mentre i PIL continuano a salire in alcuni paesi in maniera consistente. 
E’ chiaro che si tratta di segnali contraddittori, poiché alla crescita del PIL dovrebbe corrispondere un miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni. Ma così non è, per la semplice ragione che quell’incremento del PIL tiene conto di attività finanziarie che, non solo non migliorano la vita della gente, ma al contrario ne determinano un aumento della povertà. 
I segnali, peraltro ci dicono che la soluzione giusta, oltre che da un punto di vista etico anche da un punto di vista di mera convenienza economica, è quella di una maggiore distribuzione della ricchezza finanziaria e di una sua omogeneizzazione con la crescita dell’economia reale al fine di evitarne l’esplosione.

L’unico strumento che ci consente di effettuare una manovra del genere è quello fiscale. In altri termini è necessario ridurre le tasse sulle attività dell’economia reale e spostare il peso fiscale sull’economia finanziaria. Allo stesso tempo, è necessario distribuire ricchezza finanziaria in maniera equa, riconsiderando il ruolo di essa nell’economia.

Date le proporzioni tra le attività finanziarie e quelle dell’economia reale, lo spostamento può avvenire in tempi relativamente brevi ed in maniera pressoché indolore[5]. 
Ho ipotizzato che in cinque anni si possono detassare completamente le attività economiche e spostare tutte le imposte sulle attività finanziarie senza provocare crolli dei mercati azionari né fughe di capitali dai paesi che adottassero provvedimenti del genere.

Una considerazione finale. Anche nel 1929, nessuno pensava che gente come Charles Mitchell o Richard Whitney o Ivan Kreuger o Goldman e Sachs, si facessero scippare il giocattolo dalle mani. Chi erano costoro? Appunto i Gates, i Colaninno, i Whiteman, i Soru dell'epoca. 
Purtroppo non è andata così. Il giocattolo si è rotto. E le dichiarazioni di un economista famoso ed indubbiamente capace come Irving Fisher, che nell'autunno del 1929, pochi giorni prima del crollo, disse testualmente; "I corsi delle azioni hanno raggiunto quello che sembra un livello permanentemente elevato" ci spiegano perché la caduta fu così dura.

www.disinformazione.it 
Domenico De Simone 2001

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